'Ndrangheta, Morabito ai domiciliari? La Cassazione riapre il caso
Il boss mafioso affetto da problemi di salute. Il tribunale di sorveglianza aveva bocciato l'istanza. Ma la Suprema Corte annulla la sentenza
Morabito chiede la scarcerazione. Per la Cassazione bisogna riesaminare il caso
Il boss di 'ndrangheta Giuseppe Morabito può ancora uscire di prigione. A riaprire la partita è la Corte di Cassazione dopo che il tribunale di sorveglianza di Milano aveva respinto la richiesta dello stesso Morabito che nel dicembre 2017 aveva presentato un'istanza di differimento della pena, in modo da poter passare ai domiciliari a causa di gravi problemi di salute. Una decisione che, come riporta Il Giorno, è stata annullata dalla Suprema Corte che ha ritenuto non sufficientemente approfondite le conclusioni dei giudici del tribunale di sorveglianza, che avevano concluso come le condizioni di Morabito fossero “compatibilmente con l'età avanzata, discrete e stabili”.
Morabito era stato arrestato nel 2004 dopo una lunga latitanza e da allora è sottoposto al regime del 41 bis. Secondo la sua difesa, però, non è più in condizioni di salute tali da poter sostenere la detenzione in carcere. La stessa sentenza del tribunale di sorveglianza elencava una serie di patologie da cui Morabito sarebbe affetto, con esiti contrastanti in ordine al mantenimento della “capacità di ragionamento”. Per quanto riguarda la valutazione psicometrica si parlava di “compromissione plurisettoriale” col tribunale che però avanzava il sospetto di un “atteggiamento rinunciatario” da parte del detenuto.
"Manca l'attenta considerazione del complessivo quadro morboso"
Secondo la Cassazione, l’approccio dei giudici milanesi "appare dichiaratamente rivolto all’accertamento della sola gravità delle patologie e della loro trattabilità in stato di detenzione, anche tenendo conto dei possibili ricoveri", mentre "manca l’attenta considerazione del complessivo quadro morboso, rapportato all’età e alle condizioni cognitive e motorie, tenendo presente la specifica rilevanza di tale verifica - come richiesta dalla giurisprudenza - a fronte della necessità di mantenere soglie di afflizione non disumane né degradanti".
Allo stato attuale una scarcerazione di Morabito resta improbabile, ma il tribunale di sorveglianza dovrà comunque riesaminare il caso e motivarlo in maniera più approfondita:
"Da quanto osservato - conclude la Suprema Corte - emerge che la motivazione adottata dal tribunale risulta affetta, con riguardo a punti decisivi, dai vizi indicati nel ricorso. Il provvedimento impugnato va pertanto annullato con rinvio al tribunale di sorveglianza di Milano per nuovo esame, da compiere, ferme restando le libere valutazioni di merito, tenendo conto dei rilievi di legittimità sopra illustrati”.