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Politica
Elezioni, il M5S non è il Partito Comunista. Governo Di Maio? Utile all'Italia

C’è un fenomeno che non riceve l’attenzione che meriterebbe. Silvio Berlusconi ripete un giorno sì e l’altro pure che il vero nemico di Forza Italia, e in generale del centrodestra, non sono Renzi e il Pd: è il Movimento 5 Stelle. Perché antisistema, perché antieuropeo, perché composto da inesperti e incapaci dilettanti della politica. Queste accuse potrebbero anche avere un fondamento ma la cosa non spiegherebbe il perché di questo martellamento continuo su un partito che già si è condannato da sé all’isolamento e forse ad essere ininfluente. E ciò mentre il Pd rimane il nemico di sempre e Renzi non è certo più rassicurante di prima.

L’intero centrodestra non sembra per nulla lieto del discredito caduto su Renzi e i suoi amici a causa della ministra Boschi. Più o meno copertamente si rammarica della loro perdita di consensi, mentre per un vecchio anticomunista viscerale dovrebbe essere un piacere vedere la sinistra che prende sonore bastonate. Ma Berlusconi non è un fesso e per giunta il partito lo segue in questa strategia. Dunque essa deve avere un senso.

Tenendo conto della nuova legge elettorale e dei sondaggi, Berlusconi si preoccupa che le urne possano dare un responso in base al quale sarà impossibile formare un governo sostenuto dai “partiti ragionevoli”, cioè la coalizione di centrodestra e la coalizione di centrosinistra. E in questo caso, chi governerà l’Italia? La risposta è, inevitabilmente, il M5s. Questo partito finalmente romperà il digiuno, si alleerà con con Bersani e compagni o anche con la Lega, e metterà in cantiere l’ulteriore distruzione dell’Italia. Magari porterà il Paese al default. Per Berlusconi sarà pur vero che la sinistra ha fatto infiniti danni, all’Italia, ma qui corriamo il pericolo di avere a che fare con qualcosa di peggio: dunque bisogna sostenere la sinistra affinché in modo che perda ma non tanto gravemente da non avere poi i numeri per dar vita col centrodestra ad un governo di salvezza nazionale. Il ragionamento è stringente e dunque si capisce che sia fedelmente seguito da tutti i rappresentanti di Forza Italia. Ma una domanda è ancora possibile: siamo sicuri che valga la pena di salvare l’Italia, a costo di augurare lunga vita al Partito Democratico?

Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro nel tempo. Ai quarantacinque anni intercorsi fra la fine della guerra e il 1989. In tutti quei decenni molti milioni di italiani hanno giudicato la Democrazia (fintamente) Cristiana un partito di populisti, di corrotti e, quando andava bene, di opportunisti. E tuttavia – nel 1976 – votarono per la Democrazia Cristiana anche atei convinti e mangiapreti. Perché la scelta non era tra quel partito e un altro ma tra la democrazia occidentale e il rischio di essere infeudati a Mosca. Il pericolo non sarebbe stato tanto la vittoria del partito comunista, quanto il pericolo di non poterlo rimandare a casa, se avesse deluso. Nessuno dimenticava che, vent’anni prima, l’Ungheria era stata rimessa in catene da una sanguinosa repressione. Ecco perché nel 1976 bisognò votare Dc, quand’anche essa fosse stata dieci volte peggiore di ciò che era. Perché della Dc ci si poteva liberare con un voto, del Pci no.

Si può dire che sia la stessa cosa del M5s? Francamente no. Se esso andasse al governo sarebbero da prevedere disastri, fino al rischio di default, disastri che potrebbero innescare una crisi internazionale, dell’euro o dell’intera Unione Europea, ma il danno non sarebbe irreversibile. Se l’Italia cambiasse opinione, sputando via il partito di Grillo, vedremmo forse arrivare i tank dell’Armata Rossa, come a Budapest o a Praga? Certo no. Perché dietro di esso non c’è nessuna Armata Rossa. Se il M5s andasse al governo e scontentasse gli italiani, perderebbe le successive elezioni e forse scomparirebbe dal panorama politico. Nient’altro.

E allora ci si può chiedere se tutto il male venga per nuocere. Un’eventuale vittoria del M5s potrebbe finalmente farci uscire da questa palude. Potremmo finalmente capire che il modello socio-economico che sogniamo – un sistema in cui dovremmo ottenere moltissimo dando pochissimo, e se possibile vivendo a spese degli altri – non ha senso o, più semplicemente, non funziona. Abbiamo seriamente bisogno di un bagno di buon senso e di realismo, principi che sembrano scomparsi all’orizzonte.

Naturalmente questo punto di vista è discutibile, ma rimane vero che l’unico, grande bene della democrazia è la libertà. La libertà di fare marcia indietro quando si sbaglia, sia pure pagando caro l’errore commesso. E se questo supremo valore non viene meno, ben vengano le educative catastrofi provocate dall’idealismo cretino. Come ho sempre sostenuto, “per quanti mali possano soffrire gli italiani, non ce ne sarà mai uno che non avranno meritato”.

giannipardo@libero.it

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m5s governo berlusconi





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