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Politica
Governo, Salvini attacca ancora Di Maio: "Dove trovi 90 parlamentari?"

Matteo Salvini ribadisce il concetto espresso ieri: se Di Maio insiste sul "o io premier o niente" con la Lega il discorso è chiuso, ma Luigi farebbe bene a riflettere su un simile errore di impostazione.

"Di Maio dice 'o io o niente'? Quello è un ostacolo, non è il modo migliore per dialogare" ribadisce Salvini, che poi rilascia la sua analisi ai cronisti: "Ma da solo Di Maio dove va...Voglio vederlo, trovare 90 voti in giro, che dalla sera alla mattina si convincono. E cosa trova? Gli accordi vanno trovati prima, con numeri chiari. Altrimenti non si va da nessuna parte".

"E poi - sottolinea sibillino Salvini - 50 voti sono molti meno di 90", ovvero, il centrodestra dovrebbe fare praticamente fare metà sforzo per arrivare a mettere insieme una maggioranza. E qui Salvini lascia cadere, non casualmente, un "io parlo con tutti, anche col Pd, pezzi del Pd, correnti, vicecorrenti, sottocorrenti", intendendo quello il prato su cui cogliere il mazzo di voti. Proprio quel Pd a cui, secondo gli analisti politici, guarderebbe anche Di Maio in caso di conclamata inconciliabilità con Salvini, che su Radio 105, intervistato da Nicola Porro, insiste: "Io sono disponibile a ragionare con tutti, a confrontarmi sui programmi, poi se Di Maio dice comando io, allora io dico: amico mio vai avanti".

La risposta del capo politico, nonché candidato premier del M5s, arriva alla velocità di un tweet. Ed è un affondo tanto sull'imprescindibilità di un accordo con La Lega che includa Forza Italia, con cui i pentastellati non vogliono neanche parlare, quanto sul presunto arruolamento dem a sostegno di un esecutivo di centrodestra. "Salvini dice che gli bastano 50 voti. Vuole fare il governo con i 50 voti del Pd di Renzi in accordo con Berlusconi? Auguri!".

Ma Salvini non si scompone: "Possono essere anche parole politiche del momento. Non mi turbano", dice ancora a Radio 105. Con Di Maio "ci siamo messaggiati, ma sull'operatività del Parlamento" fa sapere il leader della Lega ai cronisti al Senato, preannunciando un incontro "fisico" la prossima settimana, prima delle consultazioni. Quando al Quirinale la Lega andrà sola, ma "con i capigruppo ci sarò anche io", spiega Salvini, aggiungendo con ironia: "Nel centrodestra hanno deciso così. Magari al secondo giro...". Comunque, riprende Salvini, "il primo giro di consultazioni è giusto che tutti esprimano le loro sensibilità".

E di certo, aggiunge più tardi a Radio 105, "non vado a un incarico al buio. Io vado se c'è una possibilità di dare un governo in breve tempo agli italiani". Comunque, "non ci sto a tirare a campare per un anno: discutere per un anno di legge elettorale sarebbe devastante. O parte un governo, o si va subito al voto".

Il pressing su Di Maio prosegue dal centrodestra con il governatore ligure di Forza Italia, Giovanni Toti, che interviene sullo scenario che vedrebbe il M5s rivolgersi al Pd in caso di mancata saldatura con Salvini.  "Il centrodestra ha vinto le elezioni con il 37% - ricorda Toti -, gli elettori hanno indicato un candidato premier che è Matteo Salvini, e il centrodestra ha un programma che riteniamo quello giusto per dare più sicurezza, più lavoro, più occupazione e più sviluppo a questo Paese. Se i Cinque stelle intendono collaborare credo si debba partire con il confronto sulle cose da fare. Se continuiamo a fare il gioco delle tre carte il Paese andrà poco lontano, le urne saranno l'ultima alternativa possibile. Auspicando un Parlamento capace di fare una legge elettorale che il giorno dopo ci consegni un vincitore".

Tra i litiganti, ecco inserirsi il tweet di Matteo Orfini: "Ragazzi, scusate se interrompo il vostro affettuoso corteggiamento...Ma coi voti del Pd non farete alcun governo perchè i nostri parlamentari staranno all'opposizione. Buon proseguimento". A stretto giro, il concetto è ribadito dal neo capogruppo dem alla Camera Graziano Delrio, che pure in precedenza non si era espresso per una chiusura tanto netta: "I voti del Pd non sono a disposizione. Decidiamo noi" dichiara all'Ansa.

Infine, il segretario "reggente" del Pd, Maurizio Martina: "Il Partito Democratico di certo non parteciperà a nessun incontro sui programmi con altri in questi giorni. Noi attendiamo con rispetto prima di tutto le consultazioni del Presidente della Repubblica". Una posizione che da quanto filtra dal M5s viene giudicata "ripicca" o "il solito Pd che pensa prima alle poltrone che all'interesse del Paese", secondo quanto apprende l'Ansa. I 5 stelle, in sostanza, mettono in relazione il "no" di Martina allo scontro tra dem e pentastellati su vicepresidenze e questori alla Camera e al Senato.

Una partita a cui assiste Matteo Renzi, con il Pd che rischia di perdere i questori in entrambi i rami del Parlamento. La prova che "il corteggiamento" del Movimento Cinque Stelle in vista delle consultazioni è solo di facciata? "Non ci voleva questo per capirlo - dice l'ex leader dem -. Comunque io la penso come Orfini", taglia corto. Ben sapendo che, in realtà, quella del Pd all'opposizione era esattamente la linea dettata da Renzi al partito assieme all'annuncio delle sue dimissioni da segretario. E ancora Delrio aggiunge: "Il Pd ha grande senso delle istituzioni, la nostra opposizione sarà seria e propositiva, anche con i nostri alleati della coalizione presenti in Parlamento. Daremo il nostro contributo di critica e di proposta, dentro e fuori dal Parlamento, riprendendo un'attività dinamica sui territori".

Chi invece continua a credere alla possibilità di un tavolo tra M5s e Pd è il governatore pugliese, Michele Emiliano, che subito dopo la pesante sconfitta dem alle politiche aveva spinto in quella direzione, scontrandosi con una maggioranza del partito decisa ad andare all'opposizione e a lasciar fare "i vincitori". Ma "Renzi si è dimesso, non è più un impedimento - dice Emiliano all'Ansa -. E il Pd deve essere capace di prendere l'iniziativa, tenendo conto che può condizionare un governo Di Maio. Che può essere sostenuto se decidesse di fare il reddito di cittadinanza, non se pretendesse di fare reddito di cittadinanza e flat tax. Quindi il Pd ha un larghissimo spazio politico sulle questioni che riguardano la vita delle persone".

Proprio a proposito del reddito di cittadinanza, ecco lo scambio tra il M5s e Tito Boeri. Il presidente dell'Inps fa un po' di conti: "Il reddito di cittadinanza, così come previsto dal M5S nella sua proposta di legge nella scorsa legislatura, potrebbe costare tra i 35 e i 38 miliardi di euro. Una cifra molto consistente", secondo stime affinate rispetto a quanto previsto nel 2015, quando si parlò di 29 miliardi. Piccata replica dei capigruppo pentastellati, Giulia Grillo e Danilo Toninelli: "Basta bugie sul reddito di cittadinanza. L'Istat ha calcolato in 14.9 miliardi di euro la spesa annua, più 2 miliardi d'investimento il primo anno per riformare i Centri per l'Impiego".

 

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