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Politica
Renzi e il centrosinistra: o "copiare" Berlusconi o la disfatta

Come nella vita, anche in politica una battuta d’arresto può essere salutare se istruttiva. Insomma, benvenuto il bernoccolo oggi se evita la frattura in testa domani. Ma, in questo Pd e in questo centrosinistra arroccati con lance spuntate nei propri traballanti fortilizi, non pare che il messaggio del voto in Sicilia sia servito per capire la lezione e fiutare l’aria che tira con le prossime politiche di marzo capaci di consegnare l’Italia a destre e populisti. Un Paese in difficoltà deve sapersi unire, riconoscersi come uno e uno solo nei suoi valori e nei suoi obiettivi. Quale credibilità per vincere le elezioni e per governare ha questo frammentato centrosinistra emulo dei capponi di manzoniana memoria, che si balocca rancoroso nel sottobosco correntizio e in confraternite astiose, incapace persino di trovare una comune sintesi politico-elettorale pro tempore in vista di un voto decisivo per il futuro del Paese? Senza una svolta immediata e una grande capacità di senso della misura, di modestia personale e di realismo politico, presto agli attuali leader del centrosinistra non rimarrà altro che contemplare le rovine da loro stessi provocate. Nel Pd, ma anche nei partiti alla sua sinistra, nessuno mette in campo il proprio senso di responsabilità e anche il coraggio necessario per condurre una battaglia politica aperta, basata sui contenuti politici, programmatici, elettorali con l’obiettivo, quanto meno, di marciare uniti verso il voto. Chi non ha la pazienza e l’umiltà di studiare e agganciarsi alle lezioni del passato della Dc e del Pci può almeno affidarsi a quelle presenti date proprio nel voto in Sicilia da … Silvio Berlusconi.

Gode, infatti, il rais di Arcore, resuscitato, capace di unire – pur se col cerotto - un centrodestra competitivo e vincente, un miracolo considerato il suo personale status di pochi mesi addietro, quello della sua sbrindellata Forza Italia e dei suoi malfidati e discutibili alleati. Gode anche Grillo, baldanzoso nel suo irato isolamento a incitare le sue truppe che s’accontentano di mostrare i muscoli e lanciare strali a destra e a manca. Fra il centrodestra, il M5S, il Pd e la sinistra, c’è la grande prateria di quasi metà dell’elettorato (parte moderato-centrista, parte di sinistra riformista o ex Pci), nudo e crudo, deluso e disorientato, deciso a disertare per protesta le urne: a questi elettori punta Matteo Renzi nella mai sopita logica del partito maggioritario. Fantasie? Il Pd del 40% è solo un miraggio e alla sua sinistra è un fiorire confusionario e confuso di partitini e gruppuscoli utili ad accrescere confusione, astio, disorientamento. Così Renzi incamera sconfitta dopo sconfitta e mena fendenti al vento, incapace di vedere e capire questo suo pidì che procede col passo del gambero. Ma i malpancisti interni, i fuoriusciti, la sinistra-minestrone, gridano solo col cupo desiderio di vendetta: “E’ tutta colpa di Matteo!” tagliando sul nascere ogni ipotesi di alleanza con Renzi in campo, candidato premier. E’ il solito gioco dell’oca. E’ l’ennesimo teatrino della resa dei conti cercando capri espiatori, puntando all’autolesionistico: “Muoia Sansone con tutti i Filistei!”. C’è, in questa polveriera del centrosinistra dove ognuno getta il proprio goccio di benzina sul divampante falò, una pur minima possibilità di armistizio, se non per una coalizione politico-programmatica, almeno per una alleanza elettorale (ognuno col proprio simbolo e il proprio capo) copiando sic et simpliciter qual che il “nemico” Berlusconi ha già fatto per il voto siciliano e ancor meglio farà per le politiche? Con il Rosatellum chi non si allea è perduto. Nei 300 collegi uninominali vince chi ottiene un voto in più e divisi, Pd e sinistra, rischiano di rimanere con un pugno di foglie secche. Il Rosatellum è stato subito “interpretato” pro domo sua da Berlusconi con l’ok di Salvini, della Meloni &C. La nuova legge prevede solo il capo della lista rendendo quanto meno inutile dividersi oggi sul candidato premier: nel centrodestra i voti che ogni singolo partito alleato prende da elettori diversi si mettono insieme, non si rubano l’un con l’altro e solo alla fine verrà sciolto il nodo della premiership. Una lezione del centrodestra che il centrosinistra non vuole capire o per autolesionismo, arroganza, miopia politica, bramosia di potere, o semplicemente per mancanza di buonsenso. Allora? Peggio di una mancanza di uno straccio di accordo elettorale fra Pd e sinistra c’è lo status quo, colpo durissimo per il centrosinistra tutto e forse per la stessa democrazia. A quel punto, per salvare l’Italia dal morso illiberale e xenofobo dei nuovi “padroni” indicati (però) dalla maggioranza dei votanti, altra via non ci sarebbe se non quella di invocare Berlusconi e Renzi per il “governissimo”. Per fare cosa? Verosimilmente per richiamare, di lì a poco, gli italiani alle urne. Povera Italia?

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