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Amos Oz, politica spettacolo è colossale disastro

Scrittore a Taobuk, premiato insieme a Elizabeth Strout

Non usa il computer e sulla sua scrivania ha sempre due penne Amos Oz: una è quella politica che usa quando si “arrabbia, ma tanto e davvero”, l’altra è quella del narratore che sta usando per scrivere il suo nuovo atteso romanzo. Ma di un libro si parla quando è finito perché “mentre si scrive è come essere nella condizione di una donna incinta e una donna in attesa di partorire non dovrebbe mai essere sottoposta ai raggi X” dice lo scrittore israeliano, che non veniva in Italia da qualche anno, al suo arrivo a Taormina per il Taobuk Festival che lo ha premiato con il Taobuk Award for Literary Excellence insieme a Elizabeth Strout. I premi dovevano essere consegnati nella serata inaugurale al Teatro Antico di Taormina ma il forte temporale di ieri lo ha impedito.

   A  quasi 80 anni Oz mantiene il suo sguardo acceso sul presente, la sua visione di intellettuale sempre in prima linea nella lotta contro le ingiustizie e i conflitti. “Ci troviamo in una situazione in cui ci sono grossi problemi di comprensione di cosa siano la politica e la democrazia. La politica è diventata una seconda industria dell’entertainment, del divertimento. E, mi dispiace dirlo, anche molti media non fanno altro che fare del divertimento. Si vota con l’idea che sia una cosa leggera. Il voto, sotto certi punti di vista, è diventato una barzelletta. Ma, bisogna ricordare, e io non sono un leninista, quello che disse chiaramente Lenin: la politica è destinata a perdere se non le daremo la giusta importanza. La politica si è spettacolarizzata e questo ha portato a un disastro enorme che diventerà ancora più colossale se continueremo lungo questa strada, se non riusciremo a rivalutare in modo pervicace tutti i veri elementi della democrazia. E mi spingo ancora più un là: come si sostiene un esame per prendere la patente, non sarebbe male che i cittadini sostenessero un esame semplice che attesti la loro conoscenza delle regole della democrazia, prima di votare” spiega Oz, l’autore di ‘Una storia di amore e di tenebra’, di ‘Giuda’, di ‘Michael mio’ e di ‘Cari fanatici’ (Feltrinelli), il suo ultimo libro uscito in Italia . E le conseguenze di questa deriva della politica si vedono chiaramente.

“Quello che mi colpisce tantissimo dei profughi, attualmente in Europa, è la loro sofferenza e la mancanza di speranza.Credo che l’unico modo per risolvere il problema sia quello di affrontarlo a casa loro. Se si fosse fatto qualcosa in passato per risolvere i problemi del terzo mondo non ci troveremo in questa situazione ora” afferma lo scrittore, nipote e figlio di rifugiati, di persone che hanno richiesto asilo a loro volta, che però contrariamente a quello che succede oggi non cercavano di entrare in Europa, anzi fuggivano dall’Europa che li odiava e perseguitava.

Anche quello che sta succedendo in America non lascia grandi speranze: “non dovrebbe mai esserci una situazione in cui i figli vengono divisi dai genitori. La separazione non funziona. L’ultima volta che vennero separati i figli dai genitori fu nell’epoca nazista. Non dovrebbe mai più succedere perché è la cosa più inumana che possa accadere. Se il presidente Trump decide di tentare di risolvere il problema dell’immigrazione massiccia, illegale, che c’è nel suo Paese allora dovrebbe cercare di trovare una riconciliazione, di lavorare per raggiungere un equilibrio tra i paesi ricchi e quelli meno ricchi. Non c’è nessun altra alternativa. Se i paesi più ricchi girano la schiena e ignorano i poveri il problema è destinato ad aumentare sempre di più” spiega Oz he ha sempre combattuto per la pace nel suo Paese. “Ci sono due tipi di pace: quella che si raggiunge alla fine dei propri giorni, quando si muore, quando diventiamo una grande famiglia e la pace pragmatica, quella che mi auguro - dice - ci possa essere tra Israele e la Palestina. Mi auguro si possa fare ciò che è accaduto nella ex Cecoslovacchia quando la nazione si è resa conto, dividendosi, che due nazioni non potevano più convivere pacificamente come una coppia e quindi la casa è stata divisa in appartamenti separati. Lo Stato palestinese e lo Stato israeliano dovrebbero, se non andare totalmente d’accordo, almeno convivere.

Quella tra Israele e la Palestina è una vera e propria tragedia, una lotta tra due parti che sostengono entrambe di avere ragione e spesso hanno entrambe torto”. E le tragedie si possono risolvere in due modalità diverse: in modo shakespeariano, con il palco costellato di cadaveri e dove magari c’è anche la possibilità di fare prevalere la giustizia. Oppure in modo cechoviano, con molta infelicità e delusione, però lasciando tutti gli attori vivi. Bisogna capire che cosa significa un lieto fine, se scegliere la tragedia oppure no”. Oz, che ora vive a Tel Aviv , è già stato in Sicilia anni fa per ritirare il Premio Tomasi di Lampedusa, ma è per la prima volta a Taormina con la moglie, con cui presto festeggerà 60 anni di matrimonio. “Questa isola - racconta - è molto simile al sentimento che provo per il mio paese. La terra, il clima, la storia a volte sanguinosa. Il cambio dei governi, dei condottieri, le conquiste che ci sono state, mi ricordano molto da vicino la situazione del mio paese”. E la soluzione, alla fine, è sempre il dialogo: “non esiste altra alternativa per comporre una situazione di dolore, di lacrime, di violenza anche verbale. Certo, il dialogo può non essere un giardino di rose, non è quasi mai una luna di miele. Ma è decisamente meglio parlarsi che non urlare, piangere o riversare sugli altri la propria ansia perché la violenza può creare solo alienazione. Anche in famiglia, finché c’è una situazione felliniana va bene, la famiglia comincia ad andare male quando è bergmaniana” afferma lo scrittore che quando usa la penna del narratore può anche non essere d’accordo al 100% con quello che pensano i suoi personaggi. “Sento più voci, posso sentire le situazioni di conflitto fra l’uomo e la donna, all’interno di una trama” dice. E se quando scrive da analista politico spesso è arrabbiato, quando racconta una storia lo fa "sempre con il sorriso sulle labbra, anche se la storia è assolutamente piena di lacrime”.

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