Il governo birmano avrebbe potuto gestire meglio la questione dei Rohingya: lo ha ammesso la Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, già duramente criticata dalla comunità internazionale e dell'Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, per avere giustificato le malefatte dei militari contro la minoranza musulmana.
Intervenendo oggi al World Economic Forum di Hanoi, Suu Kyi ha comunque difeso la decisione delle autorità birmane di condannare i due giornalisti della Reuters - Wa Lone e Kyaw Soe Oo - per possesso di documenti della polizia durante le loro indagini sulle violenze contro i Rohingya. I due, ha detto secondo quanto riporta la Bbc online, hanno violato la legge e la loro condanna "non ha nulla a che fare con la libertà di espressione". Quanto alla campagna militare contro i Rohingya, Suu Kyi ha affermato: "Naturalmente ci sono dei modi in cui, col senno di poi, penso che la situazione avrebbe potuto essere gestita meglio".
Amnesty International si è scagliata oggi contro la premio Nobel per la pace e premier de facto della Birmania, Aung San Suu Kyi, accusandola di "difendere l'indifendibile" per avere giustificato la condanna di due giornalisti della Reuters da parte di una corte di Yangon. "Questo - ha affermato Minar Pimple, direttore di Amnesty per le operazioni globali - è uno scandaloso tentativo da parte di Aung San Suu Kyi di difendere l'indifendibile. Dire che questo caso 'non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione' e che Wa Lone e Kyaw Soe Oo 'non sono stati imprigionati per il fatto di essere giornalisti' è una rappresentazione fuorviante e fantasiosa dei fatti". "Questi due uomini - aggiunge Pimple - sono stati condannati a causa di una legge draconiana dell'era colonialista, usata per fermare le loro indagini sulle spaventose atrocità avvenute nello Stato di Rakhine".
I due giornalisti, arrestati lo scorso dicembre mentre conducevano un'inchiesta su un massacro di membri della minoranza musulmana Rohingya nello Stato di Rakhine, sono stati condannati il 3 settembre scorso a sette anni di reclusione ciascuno dopo essere stati riconosciuti colpevoli di possesso di documenti riservati. Intervenendo oggi al World Economic Forum di Hanoi, Suu Kyi ha difeso la sentenza, affermando che gli imputati avevano violato la legge e la loro condanna "non ha nulla a che fare con la libertà di espressione".