Prima di visitare il museo del Bardo, dove nel 2015 persero la vita in un attentato 24 persone tra cui 4 italiani, il premier incontra Salamè in un hotel con vista sul Golfo di Tunisi, su quel Mar Mediterraneo che l'Italia vuole sempre più al centro dell'agenda europea. Nei colloqui di sabato i vertici tunisini hanno chiesto al governo italiano supporto sul fronte sicurezza e immigrazione, oltre che sul piano economico: si discuterà sia di una nuova tranche del pacchetto (da oltre 500 milioni) di riconversione del debito, sia della possibilità di fornire mezzi e veicoli, dopo i 12 pattugliatori dati a Tunisi nel 2011. Ma il naufragio di un barcone al largo della Libia riporta in primo piano la ben più difficile frontiera tripolina.
Con l'inviato Onu Gentiloni parla di stabilizzazione, dando sostegno alle prossime tappe individuate da Salamè per consolidare il "fragile" equilibrio: confermare a dicembre gli accordi di Skhirat; indire un'assemblea nazionale di tutti i soggetti politici e civili in primavera; rafforzare l'assetto transitorio di consiglio presidenziale e governo per avere interlocutori più solidi; lavorare, infine, per il voto "a suffragio universale" nel 2018. Solo se questi passaggi porteranno stabilità, si potrà garantire sicurezza, evitando - come dice da Bari Marco Minniti - che il Nord Africa diventi un "paradiso sicuro" per 25-30 mila foreign fighters e una "piattaforma di attacco all'Europa". E solo con interlocutori solidi si potrà fare "di più e meglio" per i migranti, contro la disumanità registrata nei campi libici negli ultimi anni.
"Il centrodestra combatterà l'invasione dei migranti con centomila espulsioni l'anno, cinquecentomila in un quinquennio", promette Matteo Salvini, ai prodromi di una campagna elettorale che sul tema promette scintille. Ma il governo respinge questa ricetta e politiche di emergenza che "sono vento nelle vele dei populisti". Bisogna "stroncare i trafficanti", dice il ministro dell'Interno, ma insieme "aprire le porte alla legalità" con "corridoi umanitari per chi scappa dalle guerre" e canali "legali per chi viene a lavorare". E Gentiloni lancia il suo appello all'Unhcr, all'Oim e alle ong che lavorano a Tripoli perché "approfittino dell'apertura delle autorità libiche" e rafforzino i controlli nei campi profughi - popolati da molti migranti economici - ma discutano anche di "rimpatri volontari e di potenziali corridoi umanitari dalla Libia". Per la prossima settimana, spiega il ministro degli Esteri Angelino Alfano, l'Italia ha convocato il briefing del Consiglio di sicurezza chiesto dalla Francia sulla Libia. Ma per governare alla radice le migrazioni, Gentiloni punta a una visione ben più ampia che includa l'intera Africa. Di qui la scommessa sul summit tra Ue e Unione africana cui il premier prenderà parte mercoledì ad Abidjan, dopo aver fatto tappa in Angola e Ghana.(ANSAmed).
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