Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

borsellino paolo bandiera viadamelio2018di Miriam Cuccu
Via d'Amelio ventisei anni dopo, tra ferite aperte e macerie da ricostruire

Sono passati ventisei anni da quando hai lasciato questo mondo. Per alcuni una buona fetta di vita, ma poco più di un battito d'ali di fronte a quella che è la Storia, che per sua natura tende a ripetersi instancabilmente, ciclo dopo ciclo.
Una Storia dove tu, Paolo, molto hai potuto fare, e molto avresti ancora potuto, se solo non ti fosse stato impedito.
Parlo del Cambiamento, Paolo. Di quell'arte di saperlo portare insieme al proprio passo, ai propri gesti, allo scegliere le parole e al parlare con le scelte. Dote assai rara per l'essere umano, e forse per questo una temuta anomalia da eliminare prima che sia troppo tardi. È ciò che hai potuto vedere mentre ti sfilavano via, uno dopo l'altro, gli ultimi giorni della tua vita.
In questi ventisei anni abbiamo visto e sentito tutto e il contrario di tutto, sull'onda di questo o di quel momento tracciato dalla Storia di cui parlavamo poc'anzi.
La gente è scesa in piazza a gridare. Sdegnata, esasperata, furiosa, perché nessuno mai più dovesse morire così. Poi si è chiusa, in casa e forse anche un po' in se stessa. Forse perché troppo stanca, magari un po' egoista oppure solo sfiduciata. Perché, se rivoluzione si voleva, non si poteva fare certo in tre giorni. Un tempo semmai appena sufficiente per farsi trasportare da un breve sussulto di ribellione, prima di lasciarsi andare alle cose di tutti i giorni, sai, la carriera, i figli, le bollette da pagare...
E - qualcuno direbbe - tanto basta per sentirsi patrioti.
Abbiamo visto persone dimenticare, ma anche riacquistare la memoria.
Abbiamo visto persone mentire, fingere, confondere le acque, accusare, subire, ritrattare, cambiare idea, versione, opinione, molte volte persino bandiera. Tutto per una sola domanda. Chi, Paolo, ha davvero voluto e potuto assassinare te e Giovanni?
Come un sasso gettato in uno stagno, ha provocato una serie di onde propagatesi su tutti i livelli.
Abbiamo ascoltato, certo, coraggiose testimonianze, ricostruzioni, racconti di aneddoti, circostanze, conversazioni, intercettazioni che, senza quei pochi audaci, mai sarebbero venute fuori. Ma anche balbettii confusi, contraddittori, da parte di uomini che - ce lo sentiamo fin dentro le ossa - qualcosa l'avranno pur saputa sulla macchina avviata per gettare al macero, Paolo, te e i tuoi folli progetti di poter cambiare qualcosa di questo mondo, che tanto amavi ma che tanto poco ti ha riconosciuto.
Abbiamo avuto presidenti della Repubblica, politici, ex ministri, poliziotti, funzionari, carabinieri restii e reticenti, quando non apertamente ostili, di fronte a chi, per quella domanda, è passato sopra alla legge non scritta, ma ben conosciuta da tutti, che parlare di Mafia è un conto, ma parlare di Stato-Mafia è un altro.
E saputo di uomini di Cosa nostra che, attenti allo svolgersi degli eventi, facevano scorta di tritolo per il prossimo magistrato da far saltare in aria. E di uomini non di Cosa nostra che assicuravano che sì, quell'attentato s'aveva proprio da fare.
Abbiamo sentito parole vuote e silenzi pesanti. Da un lato lettere minatorie, pedinamenti, incursioni, sottrazioni di documenti. Dall'altro accuse di protagonismo, di arrivismo, di politicizzazione, di giustizialismo. Ascoltato promesse di protezione mai arrivate, di atti di solidarietà smarriti chissà dove.
Perché parlare di stragi è un conto, parlare di trattativa un altro.
Abbiamo vissuto anniversari e commemorazioni, fatti ora di annunci in pompa magna, ora di “resistenze” gridate con la tua agenda rossa in mano, scivolare via come granelli in una clessidra. E osservato l'alzarsi o l'abbassarsi di quell'“onda” che ogni anno porta con sé vie d'Amelio deserte o gremite fino all'inverosimile.
E ci siamo sentiti anche un po' defraudati delle parole, quando abbiamo assistito al tramutarsi di “antimafia” e “legalità” in comodi termini usa-e-getta buoni da rispolverare una volta l'anno o, peggio, come perfetta facciata per continuare a perseguire i propri profitti. Che, di stelle dell'“antimafia” cadute in disgrazia, ne abbiamo viste... Ma allo stesso tempo abbiamo toccato la buona volontà di chi, con perseveranza e passione, costruisce ogni giorno una battaglia culturale che, fra le altre cose, è anche, ma non solo, “antimafia”.
borsellino paolo biciclettaSe ti penso, Paolo, mi viene in mente la tua foto in bicicletta quando, sollevando una mano, mostravi il segno della vittoria verso l'obbiettivo. A pensarci bene, non solo quello della macchina fotografica. Ripenso ai versi delle tue poesie, che ho avuto l'onore di leggere mentre, osservando la calligrafia nei tuoi appunti e nelle tue lettere, ripercorrevo gli anni delle tue battaglie, da Mazara a Palermo, dall'estate dei veleni al boato di Capaci.
E mi chiedo quale sia il senso di questo eterno e corale oscillare tra indignazione e rassegnazione, tra balzi in avanti e improvvisi arresti, se non passi indietro, che portano a vedere la risposta a quella domanda di cui parlavamo all'inizio, alle volte così vicina da poterla afferrare, altre un miraggio lontano e quasi impalpabile.
Ventisei anni dopo siamo ancora un paese dalle ferite aperte. Eternamente cristallizzato nella rabbia e nel dolore di tutti i familiari delle vittime di mafia (ma potremo allargarlo a tutte le vittime delle ingiustizie mai fino in fondo chiarite e sanate) che ancora aspettano risposte su quanto accadde ai propri cari.
Neanche alla tua domanda, Paolo, abbiamo saputo trovare una risposta completa e soddisfacente.
Però quest'anno, dopo ventisei anni, due sono le cose che possiamo dire con certezza, anziché ammettere amaramente di sapere senza averne le prove.
Oggi possiamo dire che sì, qualcuno ha depistato le indagini sulla tua morte e quella di chi ti proteggeva.
Oggi possiamo dire che sì, abbiamo i nomi e i cognomi di alcuni soggetti, dalla parte delle istituzioni e della mafia, che trattarono, o meglio, minacciarono e attentarono a corpo politico dello Stato.
Non è tutto, ma non è neanche poco.
È la speranza che, nel bene e nel male, comunque ne sia valsa la pena.
Le macerie di via d'Amelio saranno sempre lì, fino a quando non sarà data risposta a tutte le domande che, di anno in anno, continuano a tormentarci.
Ma c'è un'altra domanda che è lecito porci. E riguarda il ripartire da quelle macerie.
Saremo capaci, dopo ventisei anni, di non ripiegarci su noi stessi - per rabbia e stanchezza, perché la ricerca di quelle risposte sembra infinita, o per paura della disfatta - di guardare avanti, di ricostruire non solo un passato ancora a brandelli, ma un presente e un futuro che non sia più soffocato da quelle ferite a cielo aperto?
Saremmo capaci di non perderci d'animo proprio adesso, ora che finalmente possiamo leggere, nero su bianco, ciò che avevamo sempre sospettato, e cioè che fu la trattativa tra Stato e Mafia a decretare definitivamente la tua morte?
Anche a questa domanda Paolo, voglio poter dare una risposta. Senza dover aspettare altri ventisei anni.

Foto di copertina © Emanuele Di Stefano

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos