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Turchia richiama ambasciatore in Israele
di Marco Ansaldo - Video
C’è il rischio che la protesta palestinese si allarghi ora a Gerusalemme Est e alla Cisgiordania, dopo la Striscia di Gaza. La carneficina avvenuta nell’enclave, con un numero di morti che continua a salire (58 finora), ha infatti scosso ed emozionato il resto della comunità araba in Israele.

Gerusalemme. C’è il rischio che la protesta palestinese si allarghi ora a Gerusalemme Est e alla Cisgiordania, dopo la Striscia di Gaza. La carneficina avvenuta nell’enclave, con un numero di morti che continua a salire (58 finora), ha infatti scosso ed emozionato il resto della comunità araba in Israele.

Oggi poi è l’anniversario della Nakba, la “catastrofe” per gli arabi, il colossale esodo di 700 mila palestinesi dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. E tre giorni di lutto sono stati proclamati dall’Olp per celebrare i funerali di molte delle vittime di Gaza che in giornata troveranno sepoltura.

Tra loro anche una neonata, Leila al-Ghandour, 8 mesi, morta dopo aver inalato gas lacrimogeni negli scontri fra le forze israeliane e i manifestanti, calcolati in quasi 40 mila, in un villaggio vicino alla barriera che separa la Striscia dai confini israeliani, secondo quanto ha fatto sapere il ministero della Sanità palestinese.




A Gerusalemme intanto, ieri blindata per l’apertura della nuova ambasciata americana spostata da Donald Trump “nella capitale d’Israele” come ha detto il capo della Casa Bianca escludendo quindi che la città sia condivisa sotto il profilo istituzionale con la parte araba, Benjamin Netanyahu ha difeso l'operato delle forze militari. Il premier israeliano ha detto che i soldati hanno agito in auto difesa contro Hamas, responsabile di avere portato in 13 diversi punti della barriera una massa di persone con intenti pericolosi. "Tutti i paesi hanno il dovere di difendere i propri confini", ha spiegato. L’Autorità nazionale palestinese, per bocca del suo presidente Abu Mazen, ha invece denunciato il "massacro" e le "oltraggiose violazioni dei diritti umani".

Tutto il mondo sta guardando al Medio Oriente, e dopo le dichiarazioni arrivate ieri, le prime decisioni concrete cominciano ad arrivare da alcuni Paesi e organizzazioni. Al Palazzo di vetro di New York il Kuwait ha chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza Onu. Fonti diplomatiche affermano però che gli Stati Uniti avrebbero bloccato una richiesta di inchiesta indipendente su quanto avvenuto sulla Striscia.




La Turchia, la più veloce a reagire alla decisione di Trump lo scorso dicembre quando il presidente Erdogan andò il 5 febbraio da Papa Francesco ergendosi a rappresentante del mondo musulmano, ha deciso di richiamare i suoi ambasciatori a Washington e Tel Aviv. Una misura, ha detto, in segno di protesta “per le violenze commesse dai soldati israeliani contro i manifestanti nella Striscia di Gaza”, considerando “gli Stati Uniti corresponsabili”. Recep Tayyip Erdogan ha quindi proclamato anch’egli tre giorni di lutto nazionale ad Ankara per i palestinesi uccisi. Il leader turco ha infine annunciato che venerdì terrà un incontro straordinario sulla questione mediorientale, e ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di convocare una riunione di emergenza per discutere sulla situazione in atto in Israele.

Tratto da: repubblica.it

Foto © Imagoeconomica

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