Vescovo di Rieti: “Vale la pena ricostruire?” domanda a tradimento

"Allargare sguardo oltre il presente non vedere più solo macerie"

AGO 24, 2018 -

Roma, 24 ago. (askanews) – “‘Potranno queste macerie risorgere? Tornerà ad essere abitato questo stupendo altopiano?’. C’è un’altra domanda però che ancor prima si insinua come un tarlo: ‘Ma ne vale la pena?’. E’ una domanda a tradimento più diffusa di quanto si pensi. Lo conferma il fatto che alcuni non sono più ritornati, che altri ci stanno pensando, che altri (il popolo delle ‘seconde case’) tornerebbero, ma non ci sono le condizioni”. Così mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, nell’omelia della messa celebrata a due anni dal terremoto nel centro Italia.

“La domanda è scomoda, ma salutare. E costringe a chiedersi se crediamo o no alla rigenerazione di questa terra. Che è poi il simbolo del nostro Paese che va in frantumi: il ponte che si sbriciola, il canale d’acqua che travolge giovani vite, le Città che sono diventate invivibili. Il mondo è fragile”, ha detto mons. Pompili.

“Vale la pena di restare o di tornare se ritroviamo lo ‘spirito’ di questa terra che è unica come i tanti piccoli centri dell’Appennino, abbandonati in nome di criteri solo economici e funzionali”, ha proseguito il vescovo di una delle diocesi più colpite dal sisma. “Vale la pena di affrontare la ricostruzione privata e pubblica, se la burocrazia non paralizza lo ‘spirito’, cioè la buona volontà, dei singoli e delle istituzioni. Vale la pena di vivere tra queste montagne se prevenzione e investimenti sulla viabilità rompono il cerchio dell’isolamento fisico. Si, ne vale la pena! Basta allargare lo sguardo oltre il presente, non vedere più solo macerie, ma gru! E questo grazie allo spirito di intelligenza, di responsabilità e di dedizione di tanti”.

“In un diario rinvenuto dopo il terremoto si leggono queste tenere parole: ‘Domani sarà una grande giornata. Saremo in tanti ad Amatrice e ci sarà anche lui…gli piacerò ancora? Chissà se sarà ancora innamorato di me? Chissà. Domani lo saprò’. Chi ha scritto non è più in mezzo a noi. Ma la sua attesa del domani è vera. Domani, non oggi, sapremo se – al netto delle cose fatte e di quelle ancor più numerose da fare – avremo conservato lo spirito che ci fa dire, a dispetto della realtà: ‘Sì, ne vale la pena!'”.