Cina, nel weekend verrà formalizzata la revoca dei due mandati per Xi

L'Assemblea nazionale del popolo svolge i suoi lavori a Pechino

MAR 7, 2018 -

Roma, 7 mar. (askanews) – Non sono attese sorprese all’Assemblea nazionale del popolo cinese, che nel weekend formalizzerà la riforma costituzionale con la quale il presidente Xi Jinping otterrà un mandato potenzialmente a vita.

I circa 3mila delegati, arrivati da tutta la Cina e provenienti da tutti i gruppi etnici e sociali del gigante asiatico, sono riuniti nella Grande Sala del Popolo di Pechino per la loro sessione di lavori iniziata lunedì.

Il ruolo dell’assemblea è sostanzialmente formale. Le decisioni sono già stata prese nelle sedi del Partito comunista cinese: il XIX Congresso tenuto lo scorso anno, il Comitato centrale. Ma all’origine è quel gruppo ristretto che guida il Partito secondo un principio di guida collettiva sempre meno praticato in una Cina che ha trovato in Xi Jinping il leader forte della Quinta generazione.

Il fatto che nel Congresso del Partito non sia stato indicato un successore, che il nome stesso di Xi sia stato segnalato per l’iscrizione nella costituzione di partito, accanto a quello del fondatore della Cina popolare Mao Zedong e del grande traghettatore del Paese di Mezzo nei mercati globali Deng Xiaoping, hanno segnalato con chiarezza che Xi non intende così facilmente passare la mano alla Sesta generazione. Così il limite dei due mandati, imposto in epoca Deng, salta.

Sembra paradossale, ma la parola d’ordine è ringiovanimento. A realizzare questo lavoro è chiamata una leadership forte che ha imposto la sua guida anche con una campagna fortissima contro la corruzione che ha portato a espulsioni e arresti non solo di pesci piccoli, ma anche di altissimi esponenti del regime di Pechino.

Xi, anche attraverso questa campagna moralizzatrice, ha voluto ribadire la centralità del Partito comunista cinese come centro ideologico e politico di un paese che, pur non crescendo più a due cifre, si pone come vera potenza economica e militare alternativa agli Stati uniti. Una centralità anche rispetto all’altro grande polo del potere nel paese: l’esercito.

Il presidente ha semplificato e centralizzato la governance delle forze armate più folte del mondo, riformando la sua leadership – che viene esercitata attraverso la guida della Commissione militare centrale – in senso “americano”, ritagliandosi insomma il ruolo di “commander-in-chief”. Nello stesso tempo, la spesa militare è stata incrementata.