Siria, ora che farà Putin? Cremlino cauto, ma pronto al rilancio

"La storia metterà tutto a posto". Occhi su Deir Ezzor

APR 14, 2018 -

Mosca, 14 apr. (askanews) – “La storia metterà tutto a posto”. Bocche cucite: parla il presidente. Per ora la Russia di Vladimir Putin sta a guardare quanto accade in Siria e si fa sentire con una sola voce: quella del suo leader, in una dichiarazione ufficiale molto dura, ma anche cauta, se considerata alla luce della tensione del momento. L’attacco degli Usa alla Siria con l’appoggio dei suoi alleati è per il capo del Cremlino “un atto di aggressione contro uno stato sovrano, che si trova sulla prima linea nella lotta contro il terrorismo”. Nonché una “violazione della Carta delle Nazioni Unite, delle norme e dei principi del diritto internazionale”. E la Russia “convoca una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere le azioni aggressive degli Stati Uniti e dei suoi alleati”.

E mentre tutti si chiedono se Putin reagirà militarmente o comunque sul terreno siriano, è lo stesso capo dello Stato russo a lasciare intendere che non ci sono le basi per uno scenario di scontro totale: non è la prima volta che gli Usa attaccano il regime siriano, in un simile contesto, fa notare. Ora si sono uniti Francia. Gran Bretagna, ma la sostanza sullo scacchiere siriano non cambia.

Gli Stati Uniti hanno infatti attaccato un anno fa la base aerea siriana Shayrat con quello che già allora per Mosca era il “pretesto” dell’utilizzo di agenti chimici contro la popolazione civile da parte del regime di Damasco. All’epoca di Shayrat, tutto si era risolto con qualche missile e un po’ di fumo e la Russia non ha reagito militarmente. Questa volta il casus belli è scattato con Douma, sobborgo di Damasco sino a pochi giorni fa nelle mani dei ribelli islamisti anti-Assad e dove sabato scorso ci sarebbe stato l’attacco chimico che Mosca e Damasco smentiscono con forza. Giovedì la Russia vi ha dispiegato la sua polizia militare. “Esperti militari russi, avendo visitato il luogo del presunto incidente, non avevano trovato tracce dell’uso di cloro o altre sostanze velenose e nessun residente locale ha confermato l’attacco chimico”, ha ribadito oggi Putin.

Ieri il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha denunciato una “messinscena” a Douma e ha detto che Mosca ne ha le prove: sui siti russi circolano voci di un video in cui alcuni militanti entrano in un pronto soccorso, cominciano a gridare che c’è stato un attacco chimico e a versare acqua sui presenti in attesa di cure, scatenando il panico. Un capitolo ancora confuso, che nei prossimi giorni sarà sviluppato, lasciano intendere a Mosca, magari in sede Onu.

Le parole di Putin oggi sono bilanciate, non si avvertono i toni di chi sta per rispondere con le armi. Una delle opzioni di cui si parla a Mosca da giorni è un possibile ‘rilancio bellico’, più che una rappresaglia, nella regione di Deir Ezzor. Lì, un raid americano lo scorso febbraio aveva preso di mira milizie filo-governative siriane e lì sarebbero morti numerosi russi o cittadini di repubbliche ex sovietiche, molto probabilmente arruolati nelle file della società di contractors Wagner in una zona dove Mosca non vuole dispiegare forze ufficiali dell’esercito.

La provincia è nel mirino della coalizione a guida Usa non solo in chiave anti-Isis, ma perché ricca di petrolio. Di recente i jihadisti avrebbero preso il controllo degli impianti petroliferi di Al Qam, i più importanti della regione, sconfiggendo le forze siriane (e iraniane) presenti: il iCremlino potrebbe sfruttare questo quadro per costruire una nuova campagna militare mirata, sfidando indirettamente gli USA in un nuovo duello, con tutti i rischi del caso. In Siria secondo il Pentagono ci sono al momento 2000 miliardi americani, molti dislocati a non grandi distanze dai presidi russi e iraniani nel Nord del Paese.

Putin, pur derubricando implicitamente l’attacco USA-Francia-Gran Bretagna a un’azione prettamente anti-siriana, critica l’atteggiamento “cinico” dei Paesi occidentali e condanna “seriamente l’attacco alla Siria, dove le truppe russe stanno aiutando il governo legittimo nella lotta contro il terrorismo”. Per Putin “gli Stati Uniti con le loro azioni aggravano ulteriormente la catastrofe umanitaria in Siria, dove la popolazione civile sta soffrendo, sono indulgenti con i terroristi, che torturano il popolo siriano da sette anni, provocando una nuova ondata di profughi dal paese e della regione nel suo complesso”.

Toni duri, ma contenuti non nuovi. E come a sottolineare che l’ora di fuoco prima dell’alba non ha cambiato gran che, su Twitter è arrivato velocemente il video che mostra il presidente Bashar Assad pronto per il lavoro come in un giorno qualunque. Mentre il briefing annunciato nella notte e tenuto alle 8 italiane dal ministero della Difesa a Mosca ha visto il generale Sergey Rudskoy, precisare che “secondo i dati preliminari, non ci sono vittime tra la popolazione civile e il personale militare dell’esercito siriano”.

Se Mosca non fa rullare i tamburi di guerra, a minacciare gravi “conseguenze regionali” è l’Iran. Le autorità di Teheran hanno denunciato l’attacco a guida USA come “un crimine”, mente gli Hezbollah tramite il canale TV Al Manar, hanno assicurato che “i popoli della regione emergeranno più potenti e più determinati a opporsi al l’aggressione e a trionfare”.

Il Cremlino non auspica certo un’impennata militare iraniana, ma l’alleanza con l’Iran in Siria è destinata a rafforzarsi dopo il raid occidentale. “Se è finita qui, è una cosa, ma se ci saranno altri attacchi sarà difficile tenere assieme le varie parti in Siria e nella regione”, spiegano fonti russe. Non a caso Putin nei giorni scorsi ha chiamato il premier Benjamin Netanyahu per chiedergli di non “prendere iniziative”: il premier israeliano ha risposto che lui non permetterà all’Iran di rafforzarsi ulteriormente. La partita siriana è più aperta che mai.

Cgi/Orm