Se in Brasile arriva il Trump carioca che difende la dittatura

Cosa sta succedendo

OTT 3, 2018 -

Roma, 3 ott. (askanews) – In Brasile, l’esclusione decisa dalla magistratura di Luiz Inacio Lula da Silva dalla corsa alla presidenza lascia aperto il campo ad una serie di candidati meno conosciuti, rendendo incerto l’esito di un voto che appariva invece scontato con Lula favoritissimo nonostante la condanna per corruzione e la carcerazione.

JAIR BOLSONARO – Ex capitano dell’esercito, esponente dell’ultra destra e definito il Donald Trump brasiliano, difende senza mezzi termini la dittatura militare del 1964-85 e si presenta come l’outsider alle prese con un establishment dominato dalla corruzione e dagli scandali (il che, cifre alla mano degli indagati e condannati, non appare troppo lontano dal vero). Dalla sua Bolsonaro ha due vantaggi: non è fra gli indagati, ed è stato vittima di un fallito attentato che ne ha ulteriormente accresciuto la popolarità. Quanto alle ricette politiche ed economiche, la lotta alla criminalità e le ptivatizzazioni non rappresentano nulla di nuovo: la novità per il Brasile è che con Bolsonaro – dato favorito al primo turno con il 32% dei voti – per la prima volta da trent’anni a questa parte il Paese sarebbe governato da un esponente dell’ultradestra.

FERNANDO HADDAD – Tenuto in panchina per mesi, da appena tre settimane è stato designato dal Partito dei Lavoratori per il difficile compito di sostituire Lula: di qui che il suo primo problema sia stato quello di costruirsi un proprio profilo, uscendo dallo scomodo cono d’ombra dell’ex presidente. Nonostante fosse stato sindaco di San Paolo e Ministro dell’Istruzione, infatti, al di fuori della metropoli rimane un virtuale sconosciuto; inoltre, è stato oggetto di alcune accuse di corruzione legate alla campagna elettorale per le municipali del 2012. I sondaggi lo danno al secondo posto al primo turno con il 21% delle preferenze, e testa a testa con Bolsonaro al ballottaggio.

CIRO GOMES – Gia due volte candidato alla presidenza, si aspettava di raccogliere l’eredità – e i voti – di Lula, ma l’ostilità degli altri partiti della sinistra lo ha lasciato isolato e con scarse speranze di poter superare il primo turno: è accreditato dai sondaggi dell’11% dei voti.

GERALDO ALCKMIN – E’ il candidato del centrista Partito Social democratico, è sostenuto dall coalizione di governo uscente (con tutto ciò che ne consegue in termini di esposizione mediatica) e non è coinvolto in alcuno scandalo: nonostante tutti questi vantaggi non ha colpito la fantasia degli elettori e con il 9% delle intenzioni di voto non sembra in grado di approdare al ballottaggio, come gli accadde invece nel 2006 (quando venne nettamente battuto dall’assai più carismatico Lula).

MARINA SILVA – La candidata Verde è ormai un’istituzione, con alle spalle già due candidature alla presidenza nel 2010 e nel 2014, ma l’esclusione di Lula – nel cui governo ha servito come Ministro dell’Ambiente – ha provocato anche la sua caduta nei sondaggi (è passata dal 16% di agosto al 4%) e da possibile seconda dietro all’ex Presidente si ritrova in coda alle preferenze.

Mgi/Int2