Lanciata nella notte “Bereshit” la prima sonda lunare israeliana

Arrivo previsto per l'11 aprile, sarebbe il quarto paese a riuscirci

FEB 22, 2019 -

Roma, 22 feb. (askanews) – La prima sonda lunare israeliana – finanziata da fondi privati – ha iniziato questa notte il suo viaggio verso la Luna, dove dovrebbe arrivare in sette settimane facendo di Israele il quarto Paese capace di riuscire nell’intento. La sonda è stata lanciata questa notte, alle 3:45, da Cape Canaveral su un vettore Falcon 9 della Space-X: il lancio è stato seguito in Israele da numerosi ingegneri e dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha sventolato la bandiera dello Stato ebraico al Centro di controllo della società spaziale Israeli Aerospace Industries, partner del progetto.

Circa mezz’ora dopo il suo lancio, più di 750 chilometri sopra l’Africa e ad una velocità di 35.000 chilometri orari, il secondo stadio del vettore ha rilasciato la sonda, chiamata Bereshit (Genesi, in ebraico). La sonda, del peso di 585 chili, dovrebbe allunare l’11 aprile prossimo: oltre a raccogliere dati sulla formazione del satellite, la sonda contiene anche dei cd-rom con disegni di bambini, canzoni e immagini di simboli israeliani, gli oggetti personali di un sopravvissuto alla Shoah e una Bibbia ebraica.

Fino ad oggi solo Stati Uniti, Russia e Cina hanno inviato delle sonde sulla Luna e solo la Nasa è riuscita a portare degli astronauti sul satellite fra il 1969 e il 1973, grazie al programma Apollo; da allora tutte le missioni lunari si sono limitate a sonde e satelliti, e la costruzione di un insediamento lunare rimane al momento allo stato di progetto.

L’India spera di diventare il quinto Paese a inviare una sonda sulla Luna nella prossima primavera con la sua missione Chandrayaan-2. Il Giappone prevede di inviare una piccola sonda lunare, chiamata Slim, per studiare un’area vulcanica entro il 2020-2021. Per quanto riguarda gli americani, il ritorno sulla Luna è ormai diventato un obiettivo ufficiale della Nasa, secondo le linee guida del presidente Donald Trump nel 2017.

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