La bussola di Mattarella,incarico a maggioranza presidenti Camere

Tutto pronto al Colle per gestire la crisi, Quirinale "notaio" volontà popolare e del Parlamento. Consultazioni dopo Pasqua

MAR 4, 2018 -

Roma, 4 mar. (askanews) – Tutto è pronto al Quirinale, e non da oggi, per prendere in mano il timone della non breve transizione che da domani deve portare prima all’insediamento del nuovo Parlamento – venerdì 23 marzo- e subito dopo al tentativo di far nascere il primo Governo della nuova legislatura. Considerato che domenica 1 aprile è Pasqua e lunedì 2 aprile Pasquetta, le consultazioni per il nuovo governo avranno inizio la settimana successiva alle festività. Nel frattempo Paolo Gentiloni e il suo Govern, ora a tutti gli effetti dimissionar, resteranno in carica per l’ordinaria amministrazione.

A dispetto delle apparenze e della probabilità non bassa che da lunedì lo scacchiere della politica italiana appaia più incerto e indefinito anzichè più chiaro di prima, al Quirinale raccontano che da settimane piuttosto lontane Sergio Mattarella abbia scelto e orientato la bussola che lo guiderà nei prossimi passaggi che lo faranno per settimane dominus primo della scena politica.

L’ago della bilancia lo ha puntato lui stesso già nel discorso in tv di Capodanno 2018 agli italiani quando definì le prime elezioni politiche vissute al Colle una “pagina bianca” che “deve essere scritta dagli elettori” in prima battuta e “quindi dal Parlamento”, con il Capo dello Stato in funzione di “notaio”. A fare in modo assicurare e garantire che quella volontà sia realizzata nella sostanza e nel rispetto della Costituzione e delle leggi vigenti.

Del tutto indifferente alle pressioni politiche e alle autocandidature a premier proprie o altrui che praticamente tutti i leader politici in campo hanno proclamato in campagna elettorale fino ad arrivare alla richiesta di incontro prima e alla comunicazione per mail poi della possibile lista di aspiranti ministri M5s (alcuni dei quali poi peraltro già non più tali per ritiro dei presunti ‘nominati’ in pectore…), Mattarella ha definito già da mesi i criteri di esercizio della sua prerogativa costituzionale esclusiva e più importante: i criteri di scelta della persona cui affidare l’incarico per la formazione del nuovo Governo all’indomani e alla luce delle elezioni politiche.

E’ da tempo infatti che Mattarella ha definito insieme ai suoi più stretti collaboratori al contempo il percorso che pilotò la fine della disciolta legislatura con la blindatura di Paolo Gentiloni a palazzo Chigi e del suo Governo in pieneza di poteri sine die e quello di avvio della nuova che deve far nascere prima il nuovo Parlamento e poi il nuovo Governo. Da lunedì’ 5 marzo a venerdì 23, dunque, il Colle resterà ancora politicamente silente come avvenuto in tutta la campagna elettorale a dispetto del tentativo di molti di chiamarlo in campo e tirargli la giacca. E osserverà e leggerà con attenzione e nel profondo i numeri del risultato della sovranità popolare che si sarà espressa. Non ultimo il dato sull’astensionismo che tanto preoccupa il capo dello Stato, perchè appunto “riduce l’esercizio della sovranità popolare”. Ma una volta che il 23 marzo i nuovi senatori e i nuovi deputati saranno proclamati e si saranno insediati nei seggi è al loro primo voto – quello che eleggerà i nuovi presidenti delle Camere- che Mattarella guarderà e inviterà le forze politiche a guardare per conferire il primo incarico di governo della legislatura al termine delle consultazioni che a ridosso di Pasqua si andranno ad aprire. Una volta eletti, cioè, i nuovi presidenti delle Camere e formati i nuovi gruppi parlamentari la cui consistenza non poco dipenderà dalle scelte che effettueranno gli eletti nei collegi delle due coalizioni di centrodestra e centrosinistra, sulla carta espressioni del voto dato a quattro differenti partiti.

Il “notaio” Mattarella, infatti, è alla maggioranza che inevitabilmente si dovrà formare per l’elezione dei nuovi presidenti delle Camere che intende chiedere di fare un nome per la formazione del nuovo Governo. Una maggioranza che, a norma dei – diversi- Regolamenti di Camera e Senato, può essere molto larga o molto stretta, addirittura a volte sul filo di un solo voto – a seconda del numero di votazioni occorse per arrivare al risultato. Nè sfugge al Quirinale che nella scorsa legislatura nel ballotaggio al Senato per la presidenza fra Renato Schifani sostenuto dal centrodestra e Pietro Grasso sostenuto dalla maggioranza Bersani-Vendola di misura uscita dalle urne e sufficiente alla Camera per eleggere Laura Boldrini ma non al Senato per fare da sè, a spostare il pendolo a favore di Grasso fu il determinante sostegno dei senatori Cinque Stelle. I quali ruppero per la prima (e poi quasi unica) volta il loro isolamento che li aveva fino ad allora indotti a votare solo per propri candidati sia a Montecitorio che a palazzo Madama.

Ecco svelata, dunque, la bussola di Mattarella. I cui effetti politici diretti e ancor più potenziali non sono di poco conto. Perchè essa comporta che è fin dal primo giorno di legislatura che tutti i gruoppi parlamentari e i leader politici dovranno schierarsi nei fatti ed esprimere con un voto la disponibilità o meno a fare intese. E chi le avrà fatte sui presidenti delle Camere- quale che sia il suo nome e colore politico- sarà dopo poco messo dal Quirinale in condizione di ripeterle contribuendo a far nascere il nuovo Governo, di larghissima larga o stretta maggioranza che sia. Il bivio e la responsabilità dei propri sì e no sono dunque offerti a tutti ma la risposta non attenderà necessariamente le consultazioni al Colle. Molto, se non tutto, dipenderà dal proprio comportamento da quel primo voto del Parlamento che deve per forza produrre un risultato altrimenti la legislatura non parte: l’elezione dei presidenti delle Camere.

Le implicazioni politiche sono evidenti e di non poco conto. A prescindere dalle liste di ministri inviate per mail a favore di media e agli appelli via social e tv alle altre forze politiche a far nascere il governo, Luigi Di Maio e M5s dovranno con il loro voto sui presidenti delle Camere dire con chiarezza se intendono uscire o no dall’isolamento parlamentare autoreferenziale. Stessa scelta e dimostrazione dovrà essere offerta dalla nuova sinistra parlamentare di LeU. Mentre il centrodestra Berlusconi-Salvini-Meloni-quarta gamba liberal-centrista, così come il centrosinistra di Pd-Bonino-prodiani-neocentristi casiniani dovranno certificare con il voto in Parlamento e non a parole la loro natura: se dopo essere stati cartelli elettorali intendono provare ad essere in concreto anche alleati per governare insieme il Parlamento e il Paese.

Nelle stanze dei bottoni dei leader politici “la bussola” di Mattarella è nota da un pò. Forse è anche per effetto di questo che sono state fatte filtrate nei giorni scorsi le indiscrezioni su possibili mire M5s sulla presidenza della Camera. Incarico per il quale, a dispetto dei nomi usciti, è indubitabile che profilo e curriculum migliore nei pentastellati sia quello dello stesso Luigi Di Maio. E forse, a giudizio di osservatori un pò maligni, è per “la bussola di Mattarella” che in queste elezioni vi è stata una corsa di numeri uno (da Renzi a Bonino, passando per Grasso, Casini, D’Alema e Romani che avrebbe rifiutato anche solo l’idea di trasferirsi alla Camera) per conquistare un seggio in quel Senato che ha rischiato di non vedere la luce nelle elezioni 2018 e che invece scoppia di salute ed è considerato meta preziosa per i più ambiziosi. Al punto che la maggioranza e il nome di chi ne sarà eletto alla presidenza potrà dire molto anche sul primo incarico per palazzo Chigi. Al Quirinale, dunque, non resta che aspettare: domenica 4 marzo i numeri e il colore della sovranità popolare, venerdì 23 marzo quelli della sovranità parlamentare. E di conseguenza il notaio passerà all’azione.