Salvini autocandidato a premier punta a leadership nuova destra

Giuramento con rosario, Vangelo e su difesa identità: "o si vince o si muore"

MAR 4, 2018 -

Milano, 4 mar. (askanews) – “Il 4 marzo o si vince o si muore, o si cambia adesso o non si cambia più”. La frase, pronunciata davanti a migliaia di persone in piazza Duomo per la chiusura della campagna elettorale nazionale della Lega, è di Matteo Salvini, e sintetizza la posta in gioco che ha fissato per le elezioni politiche 2018.

Con il voto di oggi Salvini gioca il tutto per tutto: fare della Lega il primo partito del centrodestra (“sceglierà il premier chi prenderà un voto in più tra noi e Forza Italia”, è il leit motiv della sua campagna elettorale) e conquistare, come coalizione, la maggioranza dei seggi in Parlamento. Due condizioni necessarie, per guidare, da presidente del Consiglio, il governo. Ecco perché Salvini ha condotto una battaglia su un doppio binario. Da una parte attaccando gli avversari: governo, il Pd e il Movimento 5 Stelle. Dall’altra sul piano interno della coalizione, presentandosi già da premier incaricato, sicuro vincitore nella sfida interna al centrodestra.

Per raggiungere l’obiettivo Salvini ha abbandonato, senza perdere troppi consensi nel movimento, la linea politica storica nordista della Lega, che sotto la sua guida è passata con disinvoltura dallo slogan “Prima il nord” a “Prima gli italiani”. Una mossa impensabile per la Lega di Bossi, che ha forgiato la sua base elettorale, per più di un ventennio, sulle parole d’ordine di “Roma ladrona”. La scommessa è tutta qui: non solo convincere astrattamente, ma ottenere anche la fiducia, quindi il voto degli italiani dal Po in giù. “Non mi basta il voto – ha detto in chiusura di campagna – ma mi serve qualcosa di più, la vostra fiducia. Io vi chiedo di fidarmi di me perché io mi fido di voi”.

Salvini si è così presentato, dalle Alpi a Lampedusa, come il difensore dell’identità nazionale. Ha messo sullo stesso piano – incurante delle critiche – fascismo e antifascismo. Anzi, ha lasciato aperte le porte ai voti dell’estrema destra, definendo l’antifascismo un residuo del passato, “un’arma di distrazione di massa”.

Con la scadenza elettorale si compie nella sostanza, anche se non ancora formalmente, il passaggio da una Lega autonomista e nordista ad una Lega sovranista, che solletica l’intero elettorato sulle storiche battaglie per la sicurezza, contro l’immigrazione, l’Islam e l’Unione europea, ma che rafforza la componente identitaria su scala nazionale sventolando il rosario e inscenando un giuramento da premier non solo sulla Costituzione, ma anche sul Vangelo. Un coup de théatre che ha bucato gli schermi, fatto da un leader che non ha mai nascosto di non essere un fervido credente, davanti a decine di migliaia di persone in piazza Duomo. “Non vedo l’ora di applicare per legge che ‘gli ultimi saranno i primi'”. Criticato dalla Conferenza episcopale italiana, da una parte consistente del mondo cattolico e da chi richiama al rispetto della Costituzione, Salvini ha proseguito con la sua linea spregiudicata di accostamenti che gli avversari giudicano contradditori.

Salvini è stato tra i leader politici che ha iniziato per primo la campagna elettorale, cominciando a girare l’Italia già da ottobre, e soprattutto il Centro sud, da Bolzano a Trapani, da Ancona a Cagliari, per cercare di accreditarsi presso un elettorato che la Lega nord aveva sempre, nel migliore dei casi, ignorato, quando non descritto come parassitario. Anche se con qualche contestazione, il tour di Salvini al centro sud ha spesso riempito piazze e teatri, rubando spazio e visibilità agli alleati di Fratelli d’Italia, con la conseguente irritazione della sua omologa Giorgia Meloni, anche in luoghi, come Latina – dove ad accogliere Salvini c’erano 1200 persone – da sempre bacino elettorale della destra. A Roma, penultimo giorno della campagna elettorale, si è ingraziato la platea con una battuta in romanesco: “So de coccio, voglio che la Lega unisca, abbracci, allarghi”.

Sarà il conteggio reale dei voti a stabilire se la sua scommessa sarà vincente; a rivelare se le piazze del Sud si sono riempite più per la curiosità per il personaggio onnipresente in tv e il leader dalle idee forti e chiare o per una reale intenzione di voto. E solo le urne diranno se la sua poderosa campagna sui social network, con un profilo facebook seguito da oltre 2 milioni di persone, farà dimenticare i cori razzisti del passato contro i napoletani e realizzare il sogno salviniano di un partito davvero nazionale.