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Cultura

Ecco consolidata la chiesa “Badia”, tra un mese lavori alla “Mercede”

Cerimonia di fine lavori per la messa in sicurezza dei ruderi della chiesa della Badìa, interessati al crollo di una parete nel 2016, oltre al più grave cedimento del 1968. Interventi della Soprintendenza per 70mila euro.

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di Giuseppe Gugliuzzo

Un bene storico-architettonico “riconsegnato” a Biancavilla. Finiti i lavori di consolidamento dei ruderi della chiesa settecentesca della Badìa, si è tenuto l’atto formale di fine interventi con don Giovambattista Zappalà, parroco dell’Annunziata e rettore della piccola chiesa vicino via Inessa, e la Sovrintendente ai Beni culturali e ambientali di Catania, Rosalba Panvini, con il progettista e direttore dei lavori, l’arch. Nicola Neri.

Un momento di preghiera ha radunato un gruppo di fedeli e residenti del quartiere, oltre a genitori degli alunni che frequentano l’attigua “L’Immacolata alla Badìa”. L’immobile, già interessato ad un crollo del tetto nel 1968 che lo ha reso inutilizzabile, lasciato all’incuria, ha subito un ulteriore crollo della parete destra nel 2016.

«L’intervento di ora lo abbiamo portato a compimento con una somma urgenza, a seguito del crollo, e si è cercato di mettere in sicurezza e salvare quelli che sono gli elementi residui della chiesa», ha sottolineato il sovrintendente Panvini.

«Il tipo di intervento è conservativo –specifica l’arch. Neri, affiancato dal geom. Concetto Stagnitti– noi abbiamo tolto tutte le macerie, abbiamo recuperato cornici, bassorilievi ed altri elementi. È evidente che si tratta di un rudere, ma anche i ruderi vanno conservati e, nostro modo di vedere, il modo più corretto per farlo è stato ridare una dignità e pensare ad un eventuale successivo utilizzo. Per fare questo, per esempio, si potrebbe pensare ad una copertura, oltre alla sistemazione della pavimentazione».

Le opere sono costate circa 70mila euro e finanziate dall’assessorato regionale ai Beni culturali. Tra i presenti, non a caso, l’ex deputato all’Ars Nino D’Asero, che ne ha seguito l’iter.

Per padre Giovanni Zappalà si tratta, in sostanza, dell’ultimo importante atto in qualità di parroco dell’Annunziata, da cui dipende la Badìa, visto che a breve sarà spostato ad altro incarico. «È stato portato a termine –sottolinea– un lavoro che sembrava, se non impossibile, quantomeno arduo. L’ultimo crollo per me è stato motivo di tribolazione in relazione ai passanti e ai bambini che frequentano la scuola a fianco. Ci sono stati, però, professionisti e parrocchiani, oltre alla Curia e alla Sovrintendenza, che hanno collaborato e dato largo aiuto perché si arrivasse a quest’opera di messa in sicurezza e consolidamento dei ruderi».

«Ringrazio –dice dal suo canto Dino Laudani, presidente della cooperativa che gestisce la scuola dell’infanzia– tutti coloro che hanno reso possibile questo intervento di messa in sicurezza. Un grazie speciale va a padre Giovanni, che ha da subito intuito il grande disagio per la scuola e anche ai genitori dei nostri bambini che ci sono stati accanto».

Oltre alle opere realizzate alla Badìa, la Soprintendenza di Catania interverrà ancora a Biancavilla con lavori previsti già il prossimo mese in un’altra chiesa vicina, la Mercede di via Inessa: prevista la messa in sicurezza della volta ed il restauro dell’antico organo.

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Cultura

1° Maggio a Biancavilla, l’occupazione delle terre e quelle lotte per i diritti

Il ruolo della Sinistra e del sindacato: memorie storiche da custodire con grandissima cura

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Anche Biancavilla vanta una ricca memoria storica sul 1 maggio. Nel nostro comprensorio non sono mancate, nel secolo scorso, iniziative e manifestazioni di lotta per i diritti dei lavoratori.

Spiccano su tutte l’occupazione delle terre e la riforma agraria di cui ci parla Carmelo Bonanno nel recente libro “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia. La ricostruzione dei partiti, le prime elezioni e i protagonisti politici dopo la caduta del fascismo”.

Il volume, edito da Nero su Bianco, raccoglie le testimonianze di alcuni dei protagonisti della vita politica e sindacale locale del Novecento, evidenziando le numerose iniziative volte a spazzare via i residui del sistema feudale di organizzazione delle terre e ad ottenere la loro redistribuzione.

Il mezzo principale per raggiungere tale obiettivo fu l’occupazione delle terre ad opera di un folto gruppo di contadini e braccianti. Tra questi, Giovanbattista e Giosuè Zappalà, Nino Salomone, Placido Gioco, Antonino Ferro, Alfio Grasso, Vincenzo Russo. A spalleggiarli anche diversi operai. Tra loro, Carmelo Barbagallo, Vincenzo Aiello, Domenico Torrisi, Salvatore Russo. Ma anche intellettuali come Francesco Portale, Nello Iannaci e Salvatore Nicotra.

Così, ad essere presi di mira furono anzitutto i terreni del Cavaliere Cultraro in contrada Pietralunga, nel 1948. Più di 400 persone li occuparono per cinque giorni e desistettero soltanto per l’arrivo della polizia, che sgomberò le proprietà.

A questa occupazione ne seguirono altre, tutte sostenute dai partiti della Sinistra dell’epoca (Pci e Psi in testa) e dalla Camera del Lavoro, e col supporto delle cooperative agricole di sinistra.

Le parole del “compagno” Zappalà

Significativa la testimonianza, riportata nel libro di Bonanno, del “compagno” Giosuè Zappalà: «Gli insediamenti furono vissuti con grande entusiasmo e costituirono per noi protagonisti dei veri e propri giorni di festa in cui potevamo manifestare la libertà che per tanti anni ci era stata negata. Le terre, i cui proprietari erano ricchi borghesi e aristocratici, spesso si trovavano in condizioni precarie, erano difficilmente produttive e necessitavano di grandi lavori di aratura, semina e manutenzione. Noi braccianti, perciò, con grande impegno e dedizione, spinti, oltre che dalla passione per il nostro lavoro, anche e soprattutto dalle condizioni di vita misere di quei tempi, ci occupammo, fin quando ci fu concesso, dell’opera di bonifica. Erano terre che di fatto costituivano per moltissimi l’unica fonte di reddito disponibile».

Tali iniziative, innestatesi nel corso del processo di riforma agraria che portò al superamento del sistema di governo delle terre sino ad allora vigente, condussero però a risultati contraddittori, poiché alcuni contadini ottennero terre produttive mentre altri terre scadenti. Ciò acuì il clima di invidia e inimicizia tra i protagonisti di quelle lotte e condusse alla rottura definitiva della coesione e della solidarietà della categoria.

Ciò non toglie che queste iniziative e manifestazioni segnarono un passaggio molto importante nella storia politica, socio-economica e sindacale locale e posero le basi per la “conquista” del palazzo municipale nel 1956 con l’elezione di Peppino Pace, primo sindaco comunista di Biancavilla.

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