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Perché la Cina sopravviverà alla guerra commerciale

Certo, il Dragone sta rallentando, ma è presto perché Trump possa cantare vittoria. A favore di Pechino giocano le proporzioni gigantesche raggiunte dall’economia, l’aumento dei consumi interni e le politiche fiscali favorevoli

Continua il periodo nero dell’economia cinese. Dopo il dato sulle esportazioni e importazioni, calate rispettivamente del 7,6% e del 4,4% rispetto al 2017, è arrivato quello sul Pil, aumentato solo del 6,6% nel 2018, il tasso di crescita annuale più basso dal 1990. Numeri che hanno indotto Donald Trump ad affermare che “ha davvero senso che la Cina stipuli finalmente un vero accordo” e che smetta, a suo dire, di “giocherellare”. Ma secondo gli esperti, è presto per gli Stati Uniti per cantar vittoria. Per l’Economist ci sono diversi motivi per cui il presidente cinese Xi Jinping e il suo team di gestione economica non devono preoccuparsi eccessivamente. Innanzitutto, perché da un lato è vero che l’economia della Cina non è mai stata così bassa negli ultimi 30 anni, ma dall’altro non bisogna dimenticare che ha raggiunto dimensioni da capogiro. E, infatti, lo scorso anno, per quanto lenta, la sua crescita ha comunque generato un volume record di nuova produzione: il Pil nominale è salito di 8.000 miliardi di yuan.

La Cina ha un fisco favorevole e una visione di lungo corso

In secondo luogo, occorre considerare che in questi anni il consumo domestico è aumentato in maniera significativa: nel 2018 ha generato tre quarti della crescita, la proporzione più alta dall’anno 2000. Alla luce di ciò, le tensioni commerciali con l’estero e la guerra dei dazi non appaiono poi così terrificanti. Fra l’altro, il governo cinese offre tutta una serie di misure economiche di supporto (come le agevolazioni fiscali) e ispira continuamente i suoi consumatori, favorendo ulteriormente l’economia interna. Infine, la Cina vanta due punti di forza importanti: una visione di lungo termine, orchestrata dall’alto, in cui le difficoltà attuali sono considerate solo come temporanee, e una politica fiscale favorevole. Basti pensare che nel 2018 il governo di Beijing ha effettuato tagli fiscali per un totale di 1300 miliardi di yuan.