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Politica

Peracchini, un sindaco credente: "Che emozione il Papa"

Il primo cittadino e' a Città del Vaticano, invitato da uditore, poi si sposterà ad Assisi. Intervista a Cds sulla sua storia personale, le convinzioni, le passioni.

Il sindaco Pierluigi Peracchini

“Per cosa vorrei essere ricordato? Più che altro vorrei essere stato utile alle persone, dando una prospettiva di vita migliore e possibilità per le nuove generazioni. Fare del bene per il prossimo”. Un viaggio a Città del Vaticano prima e qualche giorno più tardi ad Assisi dove arriverà anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita alla Basilica di San Francesco per presenziare al XX anniversario del terremoto che colpì il 26 settembre 1997 l’Umbria e le Marche. Dopo 90 giorni praticamente senza sosta, Pierluigi Peracchini scende idealmente le rampe di Palazzo Civico per distaccarsi per qualche giorno dalla città. Il sindaco, i suoi punti di riferimento, la dimensione privata, ma anche le convinzioni di natura politica, sociale, giudiziaria, nell’intervista di CittadellaSpezia. Uno scambio un po’ diverso dal solito, nel quale per una volta non sono i temi della vita cittadina ad essere sviscerati.

Sindaco Peracchini, come si approccia a queste giornate?
“Sarà emozionante, sono stato alla messa d’insediamento di Papa Bergoglio ma sono legato anche ai suoi predecessori. Sono stato invitato ad ascoltare, distinguo naturalmente i ruoli. I miei valori sono quelli della famiglia, ho una profonda fede e cerco di vivere con coerenza, facendo anche degli errori, ma con il massimo rispetto. Per me è un punto di riferimento imprescindibile”.

A proposito di riferimento, considerando la sua formazione personale, quale lettura l’ha guidata in questa sua prima parte di vita?
“Sono molto legato agli scritti di Romano Guardini, un presbitero, teologo e scrittore di religione cattolica. Uno studioso apprezzato anche fuori dal mondo ecclesiale.

Perché Marx sbaglia nel suo celebre accostamento fra la religione e l’oppio dei popoli?
“Una religione non utopica che parte e arriva all’amore è speranza di vita. Io penso che il veleno nichilista abbia distrutto le relazioni”.

Cosa pensa della morte?
“Da credente la vivo con serenità, con ansia invece a livello umano. So che c’è una dimensione diversa che mi fa stare bene, ho avuto segnali in questo senso. La morte che mi fa più male è quella di chi nella vita ha avuto sfortuna. Recentemente sono successe delle cose, ci vuole massimo rispetto. Non siamo eterni, dobbiamo ricordarcelo”.

Qual’è il suo rapporto col potere?
“Sarebbe bene chiedersi prima che cos’è il potere. Io ho un rapporto buono con tutti basta che sia finalizzato al bene comune. Anche nella composizione degli organi del consiglio comunale, abbiamo cercato di dare un segnale alla città. Spero si riescano a trovare le convergenze ma non avendo mai fatto vita di partito non sono avvezzo a giochi e giochetti”.

Si sente di fare un appello alla sobrietà dopo diverse trasversali figuracce della politica locale sui social media prima ancora che sui giornali?
“Il veleno nichilista ha distrutto le relazionIl mio auspicio è l’unità per il bene della città, non mi tiro indietro”.

La preoccupa Trump e la sua politica che nega il surriscaldamento climatico?
“Dopo la finanza creativa di Clinton ed Obama, la disoccupazione imperante, l’americano rurale voleva dare un segnale chiaro: prima gli americani. Dopo di che Trump sbaglia come sbaglia la Cina, anche se dicono che scientificamente non è ancora stato dimostrato. Il cambio climatico a cui stiamo assistendo, la plastica nei mari, non si possono tralasciare. Assistiamo a fenomeni che devono per forza farci riflettere. Regole uguali per tutti però perché c’è una guerra in corso sulle materie prime, sull’energia che coinvolge Usa, Cina, Russia ed Europa”.

Perché i sindacati non hanno più presa?
“Gli interessi pesano e sono venute a mancare le fasce intermedie. Basta che guardiamo i dati: 8 milioni di italiani sono poveri, 20 milioni faticano, 5-6 stanno bene a scapito di tutti. Lo sapete che stiamo vivendo il periodo di maggior indebitamento? In 5 anni e mezzo, da Monti in poi, il debito pubblico ha superato i 400 miliardi, solo di spese. I sindacati non hanno combattuto certe battaglie e in molti casi i rapporti di lavoro sono tali e quali agli anni ’70. Non c’è mai stata una proposta per un modello diverso, si è rinunciato alla contrattazione”.

La globalizzazione ci ha colto, lievemente, impreparati. O c’è dell’altro?
“L’apertura commerciale alla Cina ha reso ancora più duri gli effetti della crisi. Il nostro welfare in discussione, i passi indietro su articolo 18, contratti di lavoro, voucher. Il problema è che le democrazie hanno dei confini, la finanza no. Il sindacato non ha accettato il capitalismo: solo spiegando ai propri lavoratori l’opportunità di diventare loro stessi azionisti della propria realtà può aiutare la piccola-media impresa. Le periferie non contano quasi più. Siamo tanti nani, ma la guerra non la fai coi nani. La fai con la ricerca, con la tecnologia, mettendo sul mercato prodotti innovativi”.

Ma si può accettare il capitalismo?
“Il modello renano della Germania del dopo-guerra è un buon capitalismo regolato dall’economia sociale di mercato. Si fecero grandi cose quando i partiti lavorarono insieme su come pianificare l’assistenza sociale-sanitaria in una visione di futuro. I sindacati sono fondamentali in questo, se non ci fossero saremo di fronte al modello dei potenti chiusi nel fortino a difendersi dai poveri, che bussano insistentemente alle porte. La politica deve farsi carico dei problemi, così facendo la gente non cerca giustizia da sè. Un esempio concreto? L’assunzione di vigili rende inutile qualsiasi fenomeno che somiglia a ronde o affini”.

Difficile, quasi impossibile fare dibattito sui social media. Anche per una questioni di diversi livelli di preparazione. Eppure così si vincono le elezioni, non da oggi. Il problema è che cosa c’è dopo il consenso.
“I social sono diabolici, raramente si riesce a fare un ragionamento. Si sintetizza troppo, così diventa difficile costruire e condividere una visione. Una società basata sulle emozioni non è la via giusta. Io sono abituato a guardare in faccia la realtà, analizzare la situazione in modo oggettivo. Conta la verità, a sognare siamo buoni tutti”.

A proposito di questo, alcuni suoi avversari l’hanno dipinta come persona che guarda solo il negativo, che sceglie sempre il tratto tetro della penna. Lei che risponde?
“Ci siam lasciati alle spalle un’estate molto bella, siamo stati vicini alla gente. Va bene divertirsi ma se il 40 per cento delle persone che vogliono incontrarmi è disperato, è poco serio non dare loro priorità. Abbiamo bellissimi progetti, in tutti i settori, nono sono affatto cupo”.

Che ne pensa dei matrimoni fra persone omossessuali e sulla possibilità di adottare un bambino.
“No all’adozione, sì alle unioni civili perché sono per il bene. La mia preoccupazione semmai è sulla reversibilità delle pensioni. Peraltro recentemente ho unito civilmente due uomini, poche settimane dopo il mio insediamento”.

Legge Minniti, piace più a destra che a sinistra.
“E’ uno strumento di buon senso, lunedì in giunta lo abbiamo valutato per delinearne l’applicazione. Non è una questione di volere lo sceriffo, semmai chi delinque dev’essere allontanato”.

Che cosa le piace della sua città?
“Amo talmente tanto questa città che quella di viverci è stata una scelta fortemente voluta. Potevo vivere a Roma e invece sono tornato qui. Da gardesano di nascita, il lago, l’acqua, il mare sono elementi irrinunciabili. E poi Spezia ha il vantaggio di essere molto baricentrica

In che tratto si sente spezzino?
“Nella riservatezza, in taluni casi ai limiti della chiusura. Ma come potrebbe essere diversamente? Cinquant’anni fa eravamo isolati e una mentalità cambia nel tempo. Non nego che da piccolo sia stato un trauma passare dalle rive del Garda alla Liguria. Ma la nostra è una corazza che serve in una città che mi piace anche perché da sempre ospita etnie di diverse parti del mondo”.

Sui migranti, sulla loro ospitalità il dibattito è aperto da almeno tre anni.
“La legalità è fondamentale, partiamo da questo. E diciamo che se i migranti vengono qui con una barca ci sotano 1050 euro al mese a testa. La serietà impone delle regole e un assunto: quante persone il mio Paese può permettersi di ospitare degnamente? L’immigrazione va programmata, visto che ci sono decine di missionari che vanno in certe realtà a portare servizi e meritano anch’essi aiuto concreto. Per non parlare di tanti anziani che hanno pensioni da 400 euro al mese, senza possibilità di aumenti. E’ iniquità sociale questa e quando poi si assiste a gesti estremi ti chiedi come fai a dare loro torto? Dev’esserci dignità anche nella carità”.

E sui profughi che ne pensa? La maggior parte della gente confonde.
“I profughi scappano da una guerra e vanno aiutati, non facciamo confusione. Il 5% di chi arriva in Italia è profugo e io mi sento completamente europeo in questo. Aiutiamoli a casa loro? No, creiamo sviluppo in tutto il mondo, nessuno regala niente, basta andare a vedere con i propri occhi”.

Sembrano temi colossali per un sindaco di una piccola provincia italiana.
“Avevamo inventato il telefonino, oggi assistiamo alla fuga dei talenti. Il tutto mentre a San Francisco e in alcune zone evolute della Cina si lavora nel futuro. Abbiamo venduto tutti gli asset determinanti, non abbiamo difeso le concessioni Eni in Libia, nè abbiamo percepito l’esigenza di una strategia comune. La finanza decide tutto, c’è chi si arricchisce, ma chi ne ha davvero è un milione di persone in tutto il mondo. Cosa può fare un sindaco? Una moral suasion per una classe politica nuova. E rispondere ai cittadini. La democrazia comporta anche questa fatica”.

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