Malapianta. La rabbia dell’investigatore: il lavoro agli amici e i giovani costretti ad andar via

Crotone Cronaca

Imporre beni, servizi, manodoperaè certamente una forma di estorsione ma non è solo quella: significa danneggiare le altre imprese, significa togliere la possibilità di concorrere sullo stesso mercato” il che, inevitabilmente, si traduce in posti di lavoro che vengono assegnati non a secondo effettivi meriti o capacità, perché “la ‘ndrangheta dà lavoro ad amici e ai parenti, e i nostri ragazzi se ne devono andare”.

Non usa mezzi termini il colonnello Emilio Fiora, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Crotone quando appare davanti ai microfoni subito dopo la conferenza in cui stati spiegati tutti i dettagli dell’operazione “Malapianta”, che ha andata a colpire la locale di San Leonardo di Cutro (LEGGI).

Fiore è sintetico e preciso, soprattutto più che comprensibile nella sua seppur breve disamina dei particolare del blitz che ha fatto luce sull’asfissiante oppressione esercitata dal clan, ormai da decenni, su un territorio già di per sé strangolato dalla disoccupazione dilagante (LEGGI).

La mafia è dunque e questo: armi, droga e sangue, certamente, ma anche freno al libero mercato, al lavoro meritocratico per lo più agognato dai tanti giovani costretti invece ad emigrare.

Gli fa eco in proposito il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, quando a sua volta conferma come per decenni l’organizzazione, seppur “quasi dimenticata sul piano giudiziario”, controllasse “il respiro di un intero territorio riuscendo a gestire tutte le attività turistiche e alberghiere, che sono le principali attività in quell’area” imponendo “una nuova forma di estorsione, cioè l’imposizione dell’acquisto di prodotti”.

Inoltre, ha sottolineato il capo della Dda, la cosca rilevava le attività commerciali della zona tanto è vero che abbiamo sequestrato alberghi, bar, ristoranti, distributori di benzina”.

Una “locale” di 'ndrangheta, inoltre, potente, attiva da quasi 50 anni sulla costa jonica crotonese. Apparentemente piccola, insignificante, ma così non era.

“Già negli anni ’70 – ricorda infatti Gratteri - Cosa Nostra aveva impiantato in quel territorio una raffineria per la lavorazione e la produzione dell’eroina: questo a conferma della credibilità criminale di questa organizzazione, perché vuol dire che già a quel tempo c'era una struttura ben radicata, al punto da confrontarsi con la Cosa Nostra di quegli anni, che non è quella di oggi ma è quella che dominava gran parte del territorio nazionale e persino negli Stati Uniti”.