21 febbraio 2018 - 17:01

Rondine, il paese candidato al Nobel per la pace ora la insegna

Nel borgo sui colli di Arezzo convivono universitari provenienti dai Paesi in guerra. Studiano insieme nella «World House» e imparano il dialogo. Per portarlo a casa

di Paolo Foschini

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Magari è anche il nome: se sei un paese che si chiama Rondine, d’accordo, non è tecnicamente una colomba ma il concetto di pace te lo ritrovi quasi nel Dna. Solo che poi devi volerlo tradurre in fatti. E qui in questo minuscolo borgo medievale a dodici chilometri da Arezzo, cento residenti in cima a un colle dentro un’ansa dell’Arno, di fatti ne han realizzati tanti da conquistarsi il titolo di «Cittadella della Pace», anzi da ritrovarsi tre anni fa - come paese di pace - perfino candidati al Nobel. L’ultimo fatto, ormai consolidato in tradizione e per il quale ora si stanno rinnovando le iscrizioni, è questo: a Rondine frequentano il quarto anno di scuola superiore studenti da tutta Italia mescolati a loro coetanei provenienti da Paesi in guerra di tutto il mondo.

A casa loro qualcuno li ridurrebbe a spararsi addosso, qui a Rondine dividono il banco. Il borgo, venuto su verso l’anno 1000 accanto all’omonimo Castello di Rondine, nei secoli venne un po’ alla volta abbandonato. Totalmente. Fino al 1977: quando l’allora vescovo di Arezzo, Telesforo Cioli, decide di affidare la rinascita di quelle poche case - nonché dell’annessa chiesa dei Santi Pietro e Paolo - ad alcune giovani famiglie della zona. A queste si uniscono via via altre piccole comunità che pian piano trasformano Rondine in luogo di accoglienza per persone in difficoltà. Nel 1997 nasce l’Associazione «Rondine Cittadella della Pace» che fa un sacco di altre cose. Fino a quelle che ci portano a oggi. La sua realizzazione principale - ormai una istituzione - è quella che hanno chiamato «World House»: non è solo un luogo ma soprattutto un programma di studentato internazionale rivolto a giovani provenienti da Paesi in guerra. Africa, Caucaso, Medio Oriente, Balcani, l’elenco si sa.

Arrivano a Rondine e ci restano per almeno due anni a studiare. Laurea o master. Poi tornano a casa, dove al termine di questo periodo di formazione e impegno civile vengono invitati - appunto - a diventare «agenti di cambiamento», ciascuno nel proprio contesto lavorativo o sociale: per testimoniare in prima persona che i conflitti, tutti, da quelli politici a quelli in famiglia, si possono risolvere parlando e non sparandosi. Parallelamente e anzi strettamente intrecciato a questo, l’associazione porta avanti, col sostegno della Fondazione Caript, l’altro progetto di cui sopra e cioè il «Quarto Anno Liceale d’Eccellenza a Rondine». Riconosciuto dal ministero come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica, il bando per l’anno scolastico 2018-2019 è aperto a 26 diciassettenni di tutta Italia.

Le domande vanno presentate entro il 5 marzo sul sito www.quartoanno.rondine.org (per info scrivere a segreteria@quartoanno.rondine.org). L’insieme di queste e altre esperienze il cui denominatore comune è in sostanza, come si capisce bene, l’educazione al dialogo e al rispetto dell’altro in tutte le sue forme, fa di Rondine una «Scuola Europea della Pace» sempre più riconosciuta a tutti i livelli, anche molto alti. Come l’invito ufficiale alla Conferenza nazionale sulla cooperazione di un mese fa a Roma. O la visita, lo scorso novembre, dell’attivista liberiana Leymah Gbowee, premio Nobel per la pace nel 2011: «Questi - ha detto incontrando la studentessa Brigitte Togo, arrivata a Rondine dal Mali - sono i giovani che dobbiamo sostenere. I leader di domani sono loro».

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