Milano, 6 dicembre 2017 - 15:43

Caso Scieri, non fu un suicidio: «Il parà aggredito in caserma»  

La relazione finale della commissione parlamentare d'inchiesta ribalta i risultati delle indagini e chiede alla procura di riaprire l'inchiesta. Ci furono omertà e probabilmente depistaggi.  «Il suo cadavere venne manipolato»

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PISA – Da quella scala di ferro alta 25 metri il parà di leva Emanuele Scieri, 25 anni, siciliano, una laurea in Giurisprudenza, non si getto perché voleva uccidersi. Non fu suicidio, dunque, e neppure una prova di forza al quale il giovane voleva sottoporsi. E forse su quella scala, seminascosta in una zona della caserma Gamerra di Pisa, Emanuele non salì neppure, almeno da vivo. Le conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del giovane parà della Folgore trovato cadavere il 16 agosto del 1999, ribaltano completamente anni e anni di indagini contraddistinte da omertà e forse anche depistaggi.

 

Le indagini e le conferme

«Alla Gamerra, si legge, c'era un'altissima, sorprendente tolleranza verso comportamenti di nonnismo» si legge nella relazione finale e dunque Emanuele fu aggredito e picchiato. «La consulenza cinematica di tecnici specializzati – spiega Sofia Amoddio (Pd) –ha accertato che la presenza di una delle scarpe di Scieri ritrovata troppo distante dal cadavere, la ferita sul dorso del piede sinistro e sul polpaccio sinistro, sono del tutto incompatibili con una caduta dalla scala e mostrano chiaramente che il giovane è stato aggredito prima di salire sulla scaletta». Secondo la presidente della commissione le indagini hanno confermato «falle e le distorsioni di un sistema disciplinare fuori controllo ed ha rintracciato elementi di responsabilità depositandoli presso la Procura della Repubblica di Pisa». Amoddio parla inoltre di «errori grossolani e responsabilità evidenti» nonché «numerose anomalie nell'effettuazione dei rilievi e dei sopralluoghi sulla scena del crimine: dalle audizioni degli stessi carabinieri che effettuarono i rilievi, apprendiamo che intervennero tre nuclei diversi dell'Arma dei Carabinieri e che le operazioni di rilevamento presero avvio in assenza del Pm e senza la presenza dei Ris.

L’ipotesi di riapertura delle indagini

Il cadavere di Scieri fu manipolato per estrarre dal marsupio il telefono cellulare del ragazzo e risalire al suo numero di telefono». Dunque, diciotto anni dopo le indagini sulla morte di quel ragazzo appena laureato in Giurisprudenza potrebbe essere riaperta. La commissione parlamentare d’inchiesta lo ha già chiesto alla procura di Pisa, Anche ’ex ministro Stefania Prestigiacomo (Fi), vice presidente della commissione d’inchiesta, ha parlato di diffusa omertà tra i testi ascoltati. Secondo la deputata qualcosa è accaduto mentre Scieri veniva trasferito sul pullman alla caserma pisana il 13 agosto insieme ad altre reclute. «Sappiamo che i ragazzi sono stati fatti viaggiare in pieno agosto con i finestrini chiusi ed il riscaldamento al massimo nella posizione della sfinge. – aveva spiegato nei giorni scorsi Prestigiacomo -. Lui non era accettato perché era più grande rispetto alle reclute diciottenni, era laureato, faceva già l'avvocato. Probabilmente non accettava questi atti di sopruso». E dunque potrebbe essere stato punito.

Il nonnismo in caserma

A Pisa, quel 13 agosto del 1999, Emanuele era arrivato insieme a settanta commilitoni nel pomeriggio dopo un breve periodo di addestramento reclute alla caserma Gonzaga di Scandicci, vicino a Firenze. Alle 21.30, durante la libera uscita trascorsa con alcuni commilitoni, aveva chiamato con il telefono cellulare la mamma in Sicilia: «Stai tranquilla, sto passeggiando in Piazza dei Miracoli, davanti alla Torre Pendente, sto facendo il turista». Poi era rientrato in caserma. La “Gamerra”, a quel tempo, aveva un’area di 144 mila metri con 35 palazzine e decine di aree per l’addestramento, il parcheggio e il rimessaggio di vecchi materiali. In quella scuola di paracadutismo il nonnismo non era una novità. Un anno prima, nel 1998, un alto ufficiale, già comandante del 9 battaglione incursori del Col Moschin, era stato rimosso dall’incarico perché sospettato di episodi di nonnismo. I familiari del giovane hanno sempre puntato il dito contro il muro di omertà dentro la «Gamerra».

Le accuse dei genitori

Corrado Scieri (il padre di Emanuele, un funzionario della Dogana morto nel 2011) e la madre Isabella Guarino, insegnante, pubblicheranno poi un libro sulla vicenda del figlio, nel 2007, («Folgore di morte e di omertà»), accusando la caserma pisana dei parà di essere stata prima «un mattatoio» e poi «una centrale di omertà da fare impallidire “Cosa nostra”». «Ancora una volta la giustizia italiana - scriveranno i due - ha dimostrato di essere una pseudo-giustizia all’italiana: delitti senza colpevoli, casi irrisolti, archiviazioni invece di verità, fantasmi al posto di imputati, generiche ipotesi invece di accertamenti». Anche l’allora il procuratore della Repubblica di Pisa, Enzo Iannelli, parlò di un clima omertoso. «L’omertà è degli infami che si sono resi responsabili di questo atto. Il mio è un appello pubblico, è un richiamo al senso di civiltà, di onestà morale alle persone che sanno e invece tacciono. Io invito tutte queste persone a farsi avanti», dice pochi giorni dopo la tragica scoperta del cadavere. Ma le indagini della giustizia ordinaria e quelle interne della Folgore non portano a niente. Marco Gasperetti

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