Un fantasma. Un fantasma però sparito grazie a complicità e misteri tutti da chiarire, a partire da quella — letteralmente «inspiegabile» per gli inquirenti — cancellazione dei suoi profili Facebook pochi giorni prima delle efferate uccisioni ad aprile del barista a Budrio e della guardia ecologica nel Ferrarese. Subito dopo la caccia a «Igor il russo», (arrestato ieri in Spagna dopo una sparatoria che ha provocato tre morti) , che però non si chiama Igor ed è nato in Serbia, era stata condotta palmo a palmo attorno al Polesine, in quelle zone a cavallo tra il Rovigotto e la Bassa che lui conosceva a menadito perché erano state, in passato, il teatro delle sue scorrerie criminali e i posti in cui si nascondeva dopo ogni rapina sparendo nel nulla.
Ma nonostante avesse alle costole i migliori reparti (Gis, Tuscania, Cacciatori di Calabria) che gli erano giunti a un palmo, Norbert Feher, alias Igor Vaclavic e chissà che altro, è parso subito irrintracciabile. Una sparizione da fantasma, in bilico tra fake news e misteri. Siamo a fine giugno quando in Procura, a Bologna, arriva da Roma una nota riservata dello Sco, il Servizio centrale operativo della Polizia. Poche righe per rivelare che «una fonte confidenziale attendibile» avrebbe notizie importanti sulla presenza, in un Paese del Sudamerica, «del noto latitante serbo Norbert Feher, alias Igor Vaclavic il Russo». Marco Forte, il pubblico ministero che si occupa del caso, chiede a Roma una relazione dettagliata attraverso la squadra mobile bolognese. E la relazione arriva, in realtà senza troppi dettagli in più. Stavolta si dice in sostanza che un agente è stato inviato in Brasile per approfondire la dritta della fonte confidenziale (da qui si deduce che il Paese del Sudamerica sarebbe, appunto, il Brasile) e che però, proprio quando l’inviato è arrivato laggiù la polizia carioca ha arrestato la fonte.
Le false segnalazioni si sono susseguite
Dunque zero contatti, tutto rinviato. Da allora (ma anche nel frattempo), le false segnalazioni si sono susseguite: Modena, Bologna, Parma, Piacenza, Verona, Nord, Sud. Molte erano palesemente infondate, ma quelle che venivano prese sul serio (comunque tante) obbligavano i reparti speciali, dai Nocs ai Gis, passando anche per la Finanza (ma talvolta vennero allertati anche i commandos del Col Moschin) a spostamenti per interventi rapidissimi, sempre con i nervi tesi e le dita pronte sul grilletto.
L’ultimo allarme risale al 23 novembre, alla stazione di Rimini: qualcuno diceva di averlo visto sul Frecciabianca 8809. Sessanta specialisti di carabinieri e polizia subito attorno alla stazione. I controlli poi evidenziarono che la persona sospettata era un cittadino italiano, originario del Napoletano, e non di Igor. A settembre altro blitz analogo a Milano, dove sarebbe stato visto nella frequentatissima piscina Argelati.
Ma il mistero resta anche sulla rete di complicità che lo avrebbe aiutato a sparire. Ritrovandolo nella sparatoria in Spagna. Qualche giorno fa la procura di Bologna ha indagato cinque persone per favoreggiamento. E ancora: c’è quel suo comportamento «inspiegabile» fra il 10 e il 21 marzo ha gradualmente spento i suoi contatti con il mondo. Prima degli omicidi in Emilia.
Un giorno dopo l’altro ha oscurato i suoi profili sui social network, a partire da Facebook, ha disdetto una appresso all’altra le schede telefoniche che aveva a disposizioneOscurati i profili Facebook