Milano, 4 novembre 2017 - 20:26

Fratricidio per la villa di Massa, lo psicologo accusato: «Una fatalità, amavo mio fratello»

Marco Casonato si difende davanti al gip dopo avere investito il fratello Piero. L’avvocato: ha avuto diverse crisi di pianto durante l’interrogatorio

Villa Massoni (Ansa) Villa Massoni (Ansa)
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MASSA (Massa Carrara) – «Amavo mio fratello, è stata una tragica fatalità». Davanti al giudice per le indagini preliminari Alessandro Trinci, Marco Casonato (63 anni, professore di Psicologia dinamica alla Bicocca di Milano, medico psichiatra) ha ripetuto sino all’ossessione che quello che è accaduto a Villa Massoni, la dimora di famiglia, è stato poco più che un incidente per sfuggire da un presunto assalto di alcuni lavoratori sinti che Pietro, 59 anni, il fratello rimasto ucciso, aveva chiamato, senza averne il permesso. È quanto ha raccontato Valter Matarocci, l’avvocato di Marco Casonato, arrestato con l’accusa di aver investito con l’auto e ucciso volontariamente il fratello nel parco di Villa Massoni a Massa. Secondo il legale, il suo assistito «ha più volte dovuto interrompere il racconto perché in preda ad attacchi di pianto e sconforto».

L’avvocato

Casonato ha detto al magistrato che al momento dell’investimento del fratello si trovava sulla sua auto per uscire dal cancello ma sarebbe stato assalito da un gruppo di persone di etnia sinti che erano nel parco della villa per fare i lavori di ristrutturazione. «Questi lavoratori erano irregolari – ha spiegato l’avvocato Matarocci – e non autorizzati, perché la villa è sotto sequestro e ogni lavoro doveva ricevere il via libera di sovrintendente e procura della Repubblica. Il mio cliente ha tentato di fuggire e si è trovato davanti il fratello. Qualsiasi altra ricostruzione è pura fantasia».

La testimonianza

I testimoni (i lavoratori sinti) hanno invece raccontato di aver visto Marco Casonato investire volontariamente il fratello e passare sopra il suo corpo più volte. Dunque nessuna confessione. Adesso saranno le indagini e gli accertamenti dei periti, che già si annunciato difficili e contraddittori, dovranno accertare se lo psichiatra e dicente universitario è colpevole di omicidio volontario.

Le denunce

Una cosa è certa. Da tempo Marco Casonato non era tranquillo. Denunciava continue incursioni nel parco e in alcuni locali della villa, inquietanti e oscuri episodi. Un televisore preso a picconate, tagli di olivi, persino un «pazzo alla guida» che aveva tentato di investire lui e la sua compagna. E all’amico, il capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, Stefano Benedetti, aveva mandato non meno di un’ottantina di messaggi via smartphone, con tanto di foto dei danneggiamenti. «L’ultimo alle 15 di mercoledì, un’ora e mezzo prima della tragedia - conferma Benedetti – ma non avvertiva soltanto me. Aveva inviato molte segnalazioni alla magistratura e su questo credo che l’onorevole Lucio Barani presenterà un’interpellanza per capire se quello che è successo poteva essere evitato». A irritarlo, lui che era stato nominato dal tribunale il curatore della sua villa, la presenza di alcuni operai sinti inviati dal fratello Piero e l’idea, diventata un’ossessione, che a Villa Massoni, nei secoli depredata di tesori e arredi, fosse al centro di furti, come quello delle statue storiche. Aveva chiamato alcuni conoscenti, appartenenti a Forza Nuova, che erano andati a fare un sopralluogo. Piero Casonati lo aveva saputo ed era piombato nel parco con la sua jeep rischiando di investire uno dei giovani di estrema destra. Due settimane dopo sarebbe stato lui a morire sotto un furgone guidato dal fratello.

Le botte

Una decina di anni fa i fratelli si erano picchiati a sangue, davanti alla loro villa, che ognuno considerava come qualcosa di irrinunciabile, una bellezza deturpata dall’incuria (e per questo era scattata una denuncia contro i due fratelli e il sequestro da parte della procura) ma da salvaguardare ad ogni costo, come un amore infinito. Una ventina di anni fa avevano rifiutato di 10 miliardi di lire (5 milioni di euro) e poco tempo fa declinato un’offerta di un gruppo arabo che avrebbe voluto trasformare Villa Massoni in un centro benessere. Uniti nel non vendere, divisi da tutto. Anche dal carattere. Posato e riflessivo quello di Marco, impulsivo a volte sino alla paranoia quello di Piero. Che, oltre con la giustizia per una storia di armi e un’inchiesta sul rilascio di patenti, aveva problemi di depressione e in passato era finito in un ospedale psichiatrico.

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