Milano, 1 ottobre 2017 - 12:50

Bologna, il Papa tra i migranti: «Voi lottatori di speranza»|Le immagini

Il pontefice a Bologna: «Cercare una società più giusta non è un sogno del passato ma un impegno, un lavoro, che ha bisogno oggi di tutti»

shadow

I tavoli sono disposti lungo la navata centrale, sotto le campate di San Petronio, lunghi tavoli da diciotto posti, tovaglie bianche, sedie di legno e paglia. Il pranzo dei poveri con il Papa in una basilica è un’immagine che non si era mai vista, il simbolo della sua visita. «Questa è la nostra Bologna, Lucio la raccontava così», spiega Gianni Morandi prima di cantare «Piazza Grande» di Dalla, la chitarra acustica a tracolla, in attesa di Francesco. Bergoglio ha voluto cominciare la sua visita a Bologna dall’ «hub» dei migranti «il “porto” di approdo di coloro che vengono da più lontano e con sacrifici che a volte non riuscite nemmeno a raccontare», salutando una ad una un migliaio di persone e mettendosi al polso il braccialetto da profugo che registra l’ingresso di ciascuno. In città pioviggina, cielo grigio e nuvole basse, ma ci sono migliaia di persone lungo il percorso che porta il pontefice in piazza Maggiore per l’incontro con il mondo del lavoro, occupati e disoccupati, imprenditori, sindacati e coop.

«Modello Emilia»

Davanti alla basilica, dopo il saluto dell’arcivescovo Matteo Zuppi, Francesco elogia l’«indispensabile welfare», l’«esperienza cooperativa», il «sistema Emilia». Alza lo sguardo, «cercate di portarlo avanti», dice: «Non pieghiamo mai la solidarietà alla logica del profitto finanziario, anche perché così la togliamo – potrei dire la rubiamo – ai più deboli che ne hanno tanto bisogno. Cercare una società più giusta non è un sogno del passato ma un impegno, un lavoro, che ha bisogno oggi di tutti». A Cesena ha invitato all’impegno e alla «buona politica», qui richiama «il recente “Patto per il lavoro”» e spiega che «non si offre vero aiuto ai poveri senza che possano trovare lavoro e dignità», fino ad ampliare il discorso oltre la città e la regione: «La crisi economica ha una dimensione europea e globale; e, come sappiamo, essa è anche crisi etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune, da parte sia di singoli sia di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e assegnarla alla persona e al bene comune. Ma perché tale centralità sia reale, effettiva e non solo proclamata a parole, bisogna aumentare le opportunità di lavoro dignitoso. Questo è un compito che appartiene alla società intera».

L’umanesimo

Francesco, in piazza, si guarda intorno: «Da qui fisicamente vediamo tre aspetti costitutivi della vostra città: la Chiesa, il Comune e l’Università. Quando essi dialogano e collaborano tra loro, si rafforza il prezioso umanesimo che essi esprimono e la città respira, per così dire, ha un orizzonte, e non ha paura di affrontare le sfide che si presentano». Nell’hub dei migranti i profughi lo avvicinavano per salutarlo, «abbiamo bisogno di documenti, aiutaci», «welcome padre», «prega per noi», si leggeva nei cartelli. Le parole di Francesco sono un invito a non avere paura di questa gente: «Molti non vi conoscono e hanno paura. Questa li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza e freddezza credendo anche di vedere bene. Ma non è così. Si vede bene solo con la vicinanza che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può diventare il mio prossimo. Da lontano possiamo dire e pensare qualsiasi cosa, come facilmente accade quando si scrivono frasi terribili e insulti via internet». Il Papa chiede che «si aprano corridoi umanitari per i rifugiati in situazioni più difficili, per evitare attese insopportabili e tempi persi che possono illudere». Ci vogliono accoglienza e integrazione. «Siete dei lottatori di speranza», scandisce, e aggiunge: «Vi esorto ad essere aperti alla cultura di questa città, pronti a camminare sulla strada indicata dalle leggi di questo Paese».

Nel pomeriggio la messa allo stadio

All’Angelus augura buona domenica a tutti, «bolognesi nativi e “adottivi”». Nel pomeriggio ci sarà l’incontro con il mondo dell’università, prima della messa allo stadio. Ma il cuore della visita resta il pranzo in Basilica, tra i poveri: «Che gioia vederci in tanti in questa casa! È proprio come la casa di nostra Madre, la casa della misericordia, la Chiesa che tutti accoglie, specialmente quanti hanno bisogno di un posto», spiega Francesco rivolto ai commensali. «Voi siete al centro di questa casa. La Chiesa vi vuole al centro. Non prepara un posto qualsiasi o diverso: al centro e assieme. La Chiesa è di tutti, particolarmente dei poveri. Siamo tutti degli invitati, solo per grazia». Alla fine si recita il Padre Nostro: «È davvero la preghiera dei poveri. La richiesta del pane, infatti, esprime l’affidamento a Dio per i bisogni primari della nostra vita. Il “Padre nostro” è una preghiera che si esprime al plurale: il pane che si chiede è “nostro”, e ciò comporta condivisione, partecipazione e responsabilità comune».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT