Milano, 7 ottobre 2017 - 21:13

Violante: «Cesare Battisti è un assassino, deve scontare la sua pena»

L’ex presidente della Camera (e magistrato) che contestò la «dottrina Mitterand» accusa: «Il perdonismo non aiuta, c’è un’area che ha cercato giustificazioni»

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«Cesare Battisti è stato, e resta, un assassino. Aveva il diritto di fuggire, come tutti i condannati. Ma ora deve scontare la pena. Il nostro Paese non si salva se non cominciamo a riflettere su una società dei doveri e delle responsabilità». Per Luciano Violante, ex magistrato antiterrorismo negli anni di piombo ed ex presidente della Camera, il nostro Paese deve ottenere l’estradizione dal Brasile del fondatore dei Pac (Proletari armati per il comunismo) condannato in via definitiva per quattro omicidi.

Come? È un rifugiato politico. E rivendica un impegno preso da Lula.
«Credo che il rifiuto all’estradizione si basi sul fatto che l’ergastolo in Brasile non è previsto. Ma penso che lo Stato italiano si possa impegnare a non fargli scontare più della pena massima di 30 anni».

La scarcerazione può influire contro la nostra richiesta di estradizione? Il sottosegretario Cosimo Ferri dice di no. È così?
«Bisognerebbe conoscere meglio gli atti. Io non li conosco».

Nel 2004, per primo a sinistra, lei disse al Corriere: «Lo Stato non può essere titolare del perdono davanti a diritti di questa ferocia. Chi siamo noi per esercitare questo potere?». La pensa così ancora oggi che è passato tanto tempo dagli anni di piombo?
«Bisognerebbe chiederlo agli assassinati. Io credo che il perdonismo non aiuti. È un modo per non affrontare la realtà nella sua oggettiva durezza. Dobbiamo fare un passo avanti nella responsabilità se vogliamo ricostruire l’anima del nostro Paese».

Molti definiscono Battisti un «ex» terrorista. Questo non incide?
«Non infiliamoci in labirinti intellettualistici. La questione è ormai superata. Il terrorismo da noi è stato sconfitto. Politico o meno, è un assassino. E non è che essere o essere stato terrorista sia una giustificazione di per sé. Sarebbe ridicolo».

C’è chi lo ha pensato, anche a sinistra?
«C’è una parte della tradizione francese, un certo bovarismo, secondo la quale tutto ciò che appare frutto della libertà e dell’antagonismo va giustificato. Non è così. E se avessero vinto i terroristi non so se avrebbero avuto lo stesso tipo di atteggiamento nei nostri confronti».

E da noi?
«Io e altri come me, nel Pci, siamo sempre stati fermi. Non ho mai derogato al principio per cui chi spara su un cittadino inerme, con o senza l’alibi dell’ideologia, va punito senza equivoci. Poi è vero che c’è un’area a sinistra che, in perfetta buona fede, ha cercato giustificazioni e perorato il perdono, ma con la linea della legalità abbiamo vinto lasciandoci il terrorismo alle spalle».

Ora risorge sotto altre forme.
«Non c’è nessuna parentela con quello di allora. Il terrorismo di oggi ha alle spalle una guerra. Un’emanazione di un campo di battaglia che è altrove. Con una motivazione religiosa sulla quale ci sarebbe molto da riflettere».

Perché?
«C’è una certa laicizzazione: questi terroristi bevono alcool frequentano locali notturni, si drogano. Che c’entrano con l’Islam? Sono espressione di un progetto politico che intende affermare il proprio dominio con l’alibi della religione. Niente a che vedere col terrorismo di ieri».

Tornando a Cesare Battisti, chi lo difende contesta le condanne dicendo che il suo è un processo indiziario.
«Sono argomentazioni che lasciano il tempo che trovano. Che vuol dire? Che chi è condannato in un processo indiziario va considerato innocente? Mi sembrano sempre frutto del giustificazionismo che tra l’altro ispira un atteggiamento diverso a seconda se chi è spara è di destra o di sinistra».

Le protezioni, gli arresti e le evasioni. Battisti non è un personaggio anomalo?
«L’anomalia sta nel fatto che sia sempre riuscito a scappare. Nella sua capacità di fuga. È un latitante professionista. Certamente ha goduto di protezioni, non so quali. Ma ora deve essere riconsegnato al nostro Paese. Il pietismo non risolve. Ci sono le vittime che spesso sono considerate una sorta di accessorio. Una società seria le difende senza equivoci».

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