Milano, 22 ottobre 2017 - 17:59

La smentita (senza precedenti) del Papa al capofila dei conservatori

Con una lettera con pochi precedenti, Francesco ha smentito pubblicamente il prefetto della Congregazione per il Culto divino, il cardinal Sarah, punto di riferimento dei conservatori. Dietro le quinte, uno scontro sulla visione della Chiesa

Il cardinal Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino, e papa Francesco Il cardinal Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino, e papa Francesco
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CITTÀ DEL VATICANO — Il tono è paterno, la sostanza una smentita netta e pubblica. È una lettera con pochi precedenti quella che Francesco ha inviato al cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino, punto di riferimento dei conservatori dentro e fuori la Curia. Un documento pubblico come pubblico era stato il testo con il quale il cardinale Sarah aveva interpretato, in senso restrittivo,il Motu proprio del Papa che aveva dato maggiore autonomia alle conferenze episcopali del mondo nella traduzione dal latino dei testi liturgici.

Il primo schiaffo

Nel suo «umile contributo per una migliore e corretta comprensione del Motu proprio Magnum Principium», il prefetto del Culto Divino non cambiava in sostanza la responsabilità della Santa Sede — e quindi del suo dicastero — nell’avere l’ultima parola su tutto e così riaffermava una visione, per così dire, centralista.

La smentita

Il Papa spiega invece che le cose non stanno affatto così: «Sulla responsabilità delle Conferenze Episcopali di tradurre “fideliter”, occorre precisare che il giudizio circa la fedeltà al latino e le eventuali correzioni necessarie, era compito del Dicastero, mentre ora la norma concede alle Conferenze Episcopali la facoltà di giudicare la bontà e la coerenza dell’uno e dell’altro termine nelle traduzioni dall’originale, se pure in dialogo con la Santa Sede». Il Motu Proprio di Francesco sancisce che una traduzione approvata dalle Conferenze episcopali nazionali non vada più sottoposta ad una revisione da parte della Santa Sede («recognitio») ma alla sua conferma («confirmatio»). E «non si può dire» che i due termini siano «strettamente sinonimi o intercambiabili», scrive Francesco a Sarah. La «confirmatio» della Santa Sede «non suppone più un esame dettagliato parola per parola, eccetto nei casi evidenti che possono essere fatti presenti ai Vescovi per una loro ulteriore riflessione», ripete il Papa. E del resto la «recognitio» indica «soltanto la verifica e la salvaguardia della conformità al diritto e alla comunione della Chiesa» e la traduzione di «testi liturgici rilevanti» come il Credo o il Pater Noster «non dovrebbe portare ad uno spirito di “imposizione” alle Conferenze Episcopali di una data traduzione fatta dal Dicastero, poiché ciò lederebbe il diritto dei Vescovi».

la questione centrale

La questione non riguarda solo la liturgia, ma tocca un aspetto centrale della riforma di Francesco, già definita nella sua prima esortazione apostolica, la «Evangelii Gaudium» del 2013: «Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”». Chiarito l’essenziale, Francesco conclude la lettera con la richiesta al cardinale Sarah di rendere pubblica la sua lettera così come aveva fatto col commento: «Infine, Eminenza, ribadisco il mio fraterno ringraziamento per il suo impegno e constatando che la nota “Commentaire” è stata pubblicata su alcuni siti web, ed erroneamente attribuita alla sua persona, Le chiedo cortesemente di provvedere alla divulgazione di questa mia risposta sugli stessi siti nonché l’invio della stessa a tutte le Conferenze Episcopali, ai Membri e ai Consultori di codesto Dicastero».

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