Milano, 30 ottobre 2017 - 22:47

Il siciliano del «vietato lamentarsi» che ha conquistato Papa Francesco

Uno psicologo ha lanciato una campagna contro il vittimismo. Lo scorso giugno ha donato al Santo Padre un cartello con la scritta «vietato lamentarsi». Qualche giorno dopo il Papa lo ha appeso alla porta del suo appartamento privato a Santa Marta. «Da allora ricevo richieste da tutta Italia e dall’estero. È stato tradotto in varie lingue»

Salvo Noè incontra il Papa durante l’udienza in San Pietro il 14 giugno scorso Salvo Noè incontra il Papa durante l’udienza in San Pietro il 14 giugno scorso
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Da quando quel cartello è apparso sulla porta dell’appartamento privato di Papa Francesco, nella residenza di Santa Marta, è scattato una sorta di contagio virale. Anche se in questo caso i Social c’entrano poco. Piuttosto è stata la reazione del Papa nel corso dell’udienza dello scorso 14 giugno in Piazza San Pietro ad innescare qualcosa di imprevisto. Quel cartello che il Papa ha voluto venisse affisso alla porta del suo appartamento contiene un’esortazione secca: «Vietato lamentarsi». E a seguire: «I trasgressori sono soggetti ad una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi. Smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita».

Campioni di vittimismo

In barba agli stereotipi che vogliono i siciliani campioni nazionali di piagnisteo l’idea è di Salvo Noè, 47 anni, psicologo di Acireale (Catania), che sul tema ci ha scritto pure un libro. Assieme al cartello li ha donati al Papa quella mattina di giugno raccogliendo un riscontro inaspettato. «Ancora oggi mi viene la pelle d’oca — racconta —. Appena lo ha letto il Santo Padre mi ha fatto un gran sorriso. Poi ha cominciato a fare domande. Prima di andar via gli ho mostrato anche il braccialetto con la stessa scritta. “Mettimelo al polso” mi ha detto. E io, emozionatissimo, gli ho preso la mano per mettergli il braccialetto tra la curiosità dei presenti che non capivano cosa stese accadendo. Un’emozione indescrivibile». Ma la sorpresa arriva qualche settimana dopo quando un anziano prelato in visita al Santo Padre si incuriosisce per quell’inconsueto cartello e chiede se può fotografarlo e renderlo pubblico. In pochi giorni quel «Vietato lamentarsi» comincia diventare virale. E col passare dei giorni accende la curiosità persino di alcuni giornali stranieri. «Continuo a ricevere richieste per avere questo cartello da ogni parte d’Italia e dall’estero. Ormai è stato tradotto in varie lingue». In più, («su esortazione del Papa») Noè ha rimesso mano al suo libro che a breve sarà pubblicato da «San Paolo Editore».

Il messaggio di Francesco

Insomma una scommessa partita dalla patria del vittimismo e andata ben al di là delle sue intenzioni. «Io sapevo che questo è un tema molto caro a Francesco, ancor prima che diventasse Papa — spiega Noè —. In tantissimi suoi interventi pubblici lui ci sprona a non adagiarci sulla lamentazione. In particolare c’è una sua omelia, a Pasqua del 2013, in cui dice che le lamentele fanno male al cuore». Noè, oltre ad insegnare all’Università di Enna è consulente dell’Arma dei Carabinieri e della Finanza per i quali tiene corsi motivazionali. Ma come è nata l’idea? A un siciliano poi? «Proprio perché sono siciliano —si illumina— . Sin da piccolo sono cresciuto in un contesto in cui era imperante il detto popolare “lamentati per stare bene”. Un vero paradosso. In pratica se non ti lamenti stai male. Ad un certo punto mi son detto: non può andare così, bisogna provare a cambiare questo modo di vedere il mondo. Da li è cominciato tutto, nel lavoro e anche nel privato». La ricetta per battere il vittimismo? «Non si tratta di ricette. La questione è che tutti noi, non solo i siciliani per la verità, ci concentriamo troppo sul problema e poco sulle soluzioni. Va ribaltato l’approccio e se lo facciamo ci rendiamo conto che molto spesso una soluzione ai problemi la si trova. La vita ti chiede, per quelle che sono le tue possibilità, di agire e non di adagiarti sul vittimismo. Penso che questo sia anche l’insegnamento che ci arriva da Papa Francesco»

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