2 febbraio 2018 - 22:47

Minniti: «Chi vola negli Usa da Roma e Milano eviterà le code all’arrivo»

Il ministro dell’Interno in visita a Washington: accordo vicino, Malpensa e Fiumicino stanno per diventare le porte di accesso rapido e diretto agli Stati Uniti

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

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WASHINGTON — Malpensa e Fiumicino stanno per diventare le porte di accesso rapido e diretto agli Stati Uniti. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, in visita a Washington racconta: «Siamo nell’ultimo miglio del negoziato sul pre-clearing che interesserà i due hub di Milano e di Roma. Lo considero un segnale molto importante: le autorità americane ci affidano il compito di gestire i controlli di sicurezza sui passeggeri in arrivo nel loro Paese. E l’Italia sarà il primo Paese dell’area Schengen a farlo».

Visti e passaporti in Italia

In sostanza sarebbe la polizia di frontiera italiana a verificare la regolarità dei passaporti e dei visti. E, una volta sbarcati negli Stati Uniti, i viaggiatori salterebbero gli ingorghi alla frontiera: in media tre ore di coda per chi arriva per la prima volta al «Jfk» di New York e un paio d’ore per chi atterra al «Dulles» di Washington dc. «Un settore consistente di Malpensa sarà dedicato interamente al traffico con gli Usa», aggiunge Minniti. Ci sono, comunque, ancora degli ostacoli da superare, sia tecnici che giuridici. Anche per questo il ministro evita di indicare una scadenza precisa. Torna, invece, sul senso politico di questa operazione: «Il rapporto con gli Stati Uniti non si è affatto affievolito. Gli americani contano con ancora maggior forza sull’Italia. È il frutto di un lungo lavoro condotto dal governo con il sostegno della nostra sede diplomatica a Washington, guidata dall’ambasciatore Armando Varricchio».

I numeri sugli sbarchi

Il titolare del Viminale ha incontrato i ministri della Giustizia, Jeff Sessions, e della Sicurezza nazionale, Kirstjen Nielsen, nonché il direttore dell’Fbi, Christopher Wray. Minniti non parla di campagna elettorale. Solo una battuta: i barconi non sono più al primo posto nello scontro politico «perché le cose sono cambiate». Il ministro ha illustrato all’amministrazione Trump «la visione» dell’Italia. Il superamento di una strategia soltanto difensiva, di attesa degli sbarchi come se fossero ineluttabili. «Solo nel giugno scorso tutto il dibattito europeo girava sugli “hot spot” che si dovevano aprire in Italia per ricevere i migranti. Oggi, invece, siamo all’opera per mettere in sicurezza i confini anche meridionali della Libia, abbiamo la missione congiunta in Niger, nuove regole europee che non scaricano la responsabilità della prima accoglienza solo sull’Italia». Ecco perché «non ha molto senso contare i barconi con cadenza settimanale, dobbiamo guardare alle tendenze di medio periodo. E qui i numeri sono incoraggianti: abbiamo chiuso il 2017 con il meno 32% di arrivi, 62 mila persone in termini assoluti. Ma noi restiamo prudenti».

Lo scambio di informazioni

Il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e le iniziative degli ultimi mesi, politiche dell’immigrazione, azione politico-diplomatica per stabilizzare la Libia, «sono considerati di grande importanza» dai partner americani. «Ci riconoscono una funzione fondamentale. E ho avuto l’impressione che non si aspettassero mutamenti così rapidi». Si è discusso anche dei jihadisti in rotta dopo le sconfitte subite dallo Stato Islamico. C’è il pericolo che si possano stabilire e riorganizzare in Libia. «Noi abbiamo più chiaro il quadro in Libia, gli americani in Siria e in Iraq. Ci stiamo scambiando le informazioni per cercare di capire che fine abbiano fatto i combattenti dell’Isis provenienti da altri Paesi. Sarebbero circa 25 mila, secondo le stime». Cooperazione rafforzata con Washington anche sulla «cyber security». La Russia proverà a interferire nelle elezioni italiane? «Non abbiamo alcuna notizia di attacchi o minacce. Ma stiamo tenendo il massimo dell’attenzione preventiva».

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