24 gennaio 2018 - 13:14

Francesco contro le fake news «Smascherare la logica del serpente»

Il Papa dedica al tema l’attesissimo messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali: quasi una mini-enciclica sul «dramma della disinformazione»,

shadow

CITTÀ DEL VATICANO - Non che sia un problema nato oggi: «la prima fake news» risale all’inizio, al peccato originale raccontato nella Genesi e alla strategia diabolica del «padre della menzogna». Oggi più che mai, però, «in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale», si tratta di «smascherare la logica del serpente, capace ovunque di camuffarsi e di mordere», evitare di «abboccare ad ogni tentazione». La diffusione di notizie false «può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici». Per questo Francesco dedica alle «fake news» l’attesissimo messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Un testo ampio, quasi una mini-enciclica sul «dramma della disinformazione», nel quale il Papa tra l’altro giudica «lodevoli» le «iniziative educative» che «permettono non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione» e «altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno, come anche quelle, intraprese dalle tech e media company, atte a definire nuovi criteri per la verifica delle identità personali che si nascondono dietro ai milioni di profili digitali». Tuttavia, «il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone». E il Papa, nel giorno del patrono San Francesco di Sales, si rivolge in particolare alla figura del giornalista, «custode delle notizie». Perché «il giornalista, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione», scrive: «Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone».

Cosa sono le fake news

Il titolo del messaggio su «fake news e giornalismo di pace» è una celebre frase di Gesù nel Vangelo di Giovanni, «La verità vi farà liberi». Le menzogne minacciano la libertà di tutti. L’espressione «fake news» riguarda in genere «la disinformazione diffusa online o nei media tradizionali» e si riferisce «a informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore». La loro efficacia «è dovuta alla loro natura mimetica, cioè alla capacità di apparire plausibili». Queste notizie «false ma verosimili» sono «capziose», nel senso che «sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione». La loro diffusione «può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni». Francesco si sofferma sulla difficoltà di arginare il flusso di menzogne: «La difficoltà a svelare e a sradicare le fake news è dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità».

Come riconoscerle

«Nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità», scrive Francesco. Ma non è facile, «perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati». Coi vuole «un profondo e attento discernimento». La «strategia del serpente» si fonda «sulla mimesi, una strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti». Il racconto biblico del peccato originale «rivela un fatto essenziale: nessuna disinformazione è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, produce conseguenze nefaste. Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi». Il problema è la «la nostra bramosia», considera Francesco: «Le fake news diventano spesso virali, ovvero si diffondono in modo veloce e difficilmente arginabile, non a causa della logica di condivisione che caratterizza i social media, quanto piuttosto per la loro presa sulla bramosia insaziabile che facilmente si accende nell’essere umano». le stesse «motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione» hanno «la loro radice nella sete di potere, avere e godere, che in ultima analisi ci rende vittime di un imbroglio molto più tragico di ogni sua singola manifestazione: quello del male, che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore». Dobbiamo insomma evitare di «abboccare ad ogni tentazione».

Come difendersi

Francesco cita un passo de «I fratelli Karamazov» di Fëdor Dostoevskij: «Chi mente a se stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a se stesso». Così «il più radicale antidoto al virus della falsità è lasciarsi purificare dalla verità». Ma che cos’è la verità? Oltre al senso greco di «aletheia» come disvelamento, il portare alla luce ciò che è oscuro, la biblica e cristiana la intende «in senso relazionale» come «ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere». In questo senso, «l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affermazione di Gesù: “Io sono la verità”. L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in se stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama». Liberazione dalla falsità e relazione: «Per discernere la verità occorre vagliare ciò che asseconda la comunione e promuove il bene e ciò che, al contrario, tende a isolare, dividere e contrapporre. La verità sgorga da relazioni libere tra le persone, nell’ascolto reciproco».

Ricerca continua 

Nel messaggio del Papa c’è una riflessione importante, come un antidoto ad ogni forma di fondamentalismo: «Non si smette mai di ricercare la verità, perché qualcosa di falso può sempre insinuarsi, anche nel dire cose vere», scrive. «Un’argomentazione impeccabile può infatti poggiare su fatti innegabili, ma se è utilizzata per ferire l’altro e per screditarlo agli occhi degli altri, per quanto giusta appaia, non è abitata dalla verità». Così «dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati», spiega: «Se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua».

Oltre il «buonismo»

Se «il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone», allora «l’unica via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie». Una missione più che un mestiere, dice Francesco: «L’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace. Desidero perciò rivolgere un invito a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo “buonista”, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati. Intendo, al contrario, un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale». 

La preghiera

Il Papa conclude il suo messaggio con una preghiera: «Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace. Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione. Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi. Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle. Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo: dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto; dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia; dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza; dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione; dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà; dove c’è superficialità, fa’ poniamo interrogativi veri; dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia; dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto; dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT