31 marzo 2018 - 21:43

La veglia di Pasqua di papa Francesco
In rassegna i dolori del pianeta

L’anticipazione sul messaggio Urbi et Orbi: affronterà i gravi temi di miseria, guerre, violenze, migrazioni forzate. Nella meditazione un appello a vincere «l’atteggiamento pusillanime»

di Gian Guido Vecchi

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Si comincia fuori da San Pietro, «immersi nell’oscurità della notte e nel freddo che l’accompagna». È ancora il tempo in cui «sentiamo il peso del silenzio davanti alla morte del Signore…». Francesco celebra la Veglia di Pasqua, benedice il fuoco, accende il cero pasquale, guida la processione al canto dell’Exultet, battezza otto adulti. E quando prende la parola torna al momento iniziale, a prima che la Basilica rimasta al buio dall’ora della Passione tornasse ad illuminarsi per l’annuncio della Risurrezione. Il Papa esorta a non restare «ammutoliti e ottenebrati» di fronte al dolore e alle ingiustizie del mondo. Perché è del «silenzio» del Sabato Santo che vuole parlare, non il silenzio della speranza e dell’attesa di Maria ma quello dei discepoli che hanno taciuto di fronte all’ingiustizia e alle calunnie contro Gesù, alla sua condanna: «Durante le ore difficili e dolorose della Passione, i discepoli hanno sperimentato in modo drammatico la loro incapacità di rischiare e di parlare in favore del Maestro. Di più, lo hanno rinnegato, si sono nascosti, sono fuggiti, sono stati zitti». Ed è quello che accade anche oggi, sillaba il Papa: «Questa è la notte del silenzio del discepolo che si trova intirizzito e paralizzato, senza sapere dove andare di fronte a tante situazioni dolorose che lo opprimono e lo circondano. È il discepolo di oggi, ammutolito davanti a una realtà che gli si impone facendogli sentire e, ciò che è peggio, credere che non si può fare nulla per vincere tante ingiustizie che vivono nella loro carne tanti nostri fratelli».

Oltre la routine

A mezzogiorno della domenica di Pasqua, dalla Loggia delle Benedizioni, Francesco ripercorrerà i dolori del pianeta nel tradizionale messaggio Urbi et Orbi: miseria, guerre, violenze, migrazioni forzate. Così, nella meditazione della Veglia, le parole del Papa sono un appello a vincere «quell’atteggiamento pusillanime che tante volte ci assedia e cerca di seppellire ogni tipo di speranza». Bisogna saper rischiare. Non come il discepolo «frastornato perché immerso in una routine schiacciante che lo priva della memoria, fa tacere la speranza e lo abitua al “si è fatto sempre così”». O il discepolo «ammutolito e ottenebrato che finisce per abituarsi e considerare normale l’espressione di Caifa: “Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”».

Il grido delle pietre

Eppure, «in mezzo ai nostri silenzi, quando tacciamo in modo così schiacciante, allora le pietre cominciano a gridare e a lasciare spazio al più grande annuncio che la storia abbia mai potuto contenere nel suo seno: “Non è qui. È risorto”». Rinascere, rinnovarsi, qui sta il significato essenziale della Pasqua: «È l’annuncio che sostiene la nostra speranza e la trasforma in gesti concreti di carità. Quanto abbiamo bisogno che la nostra fede sia rinnovata, che i nostri miopi orizzonti siano messi in discussione e rinnovati da questo annuncio! Egli è risorto e con Lui risorge la nostra speranza creativa per affrontare i problemi attuali, perché sappiamo che non siamo soli». Di contro al silenzio dei discepoli, «la pietra del sepolcro gridò e col suo grido annunciò a tutti una nuova via», prosegue Francesco. «Fu il creato il primo a farsi eco del trionfo della Vita su tutte le realtà che cercarono di far tacere e di imbavagliare la gioia del vangelo. Fu la pietra del sepolcro la prima a saltare e, a modo suo, a intonare un canto di lode e di entusiasmo, di gioia e di speranza a cui tutti siamo invitati a partecipare».

Gesti concreti di carità

Orizzonti nuovi, gesti concreti di carità: «Se ieri, con le donne, abbiamo contemplato “colui che hanno trafitto”, oggi con esse siamo chiamati a contemplare la tomba vuota e ad ascoltare le parole dell’angelo: “Non abbiate paura. È risorto”. Parole che vogliono raggiungere le nostre convinzioni e certezze più profonde, i nostri modi di giudicare e di affrontare gli avvenimenti quotidiani; specialmente il nostro modo di relazionarci con gli altri. La tomba vuota vuole sfidare, smuovere, interrogare, ma soprattutto vuole incoraggiarci a credere e ad aver fiducia che Dio “avviene” in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona, e che la sua luce può arrivare negli angoli più imprevedibili e più chiusi dell’esistenza».

La scelta

Celebrare la Pasqua, conclude il Papa, «significa credere nuovamente che Dio irrompe e non cessa di irrompere nelle nostre storie, sfidando i nostri determinismi uniformanti e paralizzanti». A questo punto tocca a ciascuno scegliere, se restare zitto davanti alle ingiustizie del mondo o rischiare in favore degli scartati, gli ultimi, i troppi crocifissi della Terra: «La pietra del sepolcro ha fatto la sua parte, le donne hanno fatto la loro parte, adesso l’invito viene rivolto ancora una volta a voi e a me: invito a rompere le abitudini ripetitive, a rinnovare la nostra vita, le nostre scelte e la nostra esistenza. Un invito che ci viene rivolto là dove ci troviamo, in ciò che facciamo e che siamo; con la “quota di potere” che abbiamo. Vogliamo partecipare a questo annuncio di vita o resteremo muti davanti agli avvenimenti?».

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