12 dicembre 2017 - 17:43

L’Italia e il «vecchio» problema del gas
Metà dell’import viene dalla Russia

L’incidente al gasdotto austriaco e la questione energetica italiana: con il metano si copre il 35% dei consumi energetici nazionali

Per avere un’idea di quanto conti il gas russo per l’Italia sarebbe sufficiente dare un’occhiata ai dati, consultabili ormai quasi in diretta: l’altro giorno, un “normale” lunedì lavorativo, poco meno della metà del gas importato in Italia veniva dalla lontana Siberia occidentale (ovvero 107 milioni di metri cubi su 224 milioni totali). E il gas, in un Paese come il nostro, pesa moltissimo: tra i Paesi europei abbiamo la più alta dipendenza, visto che rappresenta circa il 35% dei consumi energetici e il 40% della produzione di energia elettrica. Parliamo di un problema “antico” per l’Italia, che risale alle prime crisi del 2006 e del 2007 e più tardi del 2009. Allora il braccio di ferro con Putin e la questione ucraina portarono il sistema energetico nazionale molto vicino a una seria crisi. Poi, negli anni successivi, la crisi economica, il calo dei consumi, l’abbondanza di materia prima sui mercati energetici mondiali ha un po’ fatto passare sotto traccia la questione.

Oggi, con l’incidente avvenuto a Baumgarten, ci dobbiamo in ogni caso ricordare quanto sapevamo già: possiamo fare conto sostanzialmente su quattro rotte di approvvigionamento internazionale, dal Nord Europa, dalla Russia, dall’Algeria e dalla Libia. Poi ci sono un impianto di rigassificazione in Adriatico, di fronte alle foci del Po, la sempre più vituperata produzione nazionale e gli stoccaggi. Malgrado le sanzioni, negli ultimi anni abbiamo fatto sempre più affidamento sul gas russo. La Libia è sconvolta da una guerra civile dal 2011 e con l’Algeria ci sono stati problemi tecnici. Ergo: se viene a mancare il metano proveniente dall’est non possiamo pensare di resistere molto a lungo.

Ecco perché, giustamente, scatta l’emergenza, un provvedimento automatico quando viene a mancare, anche per poco tempo, una linea di rifornimento. Si chiama “regola n-1”. E’ chiaro che nel caso di un’interruzione prolungata (e non sarebbe il caso di Baumgarten) ci sono parecchie carte da giocare: massimizzare l’import dalle altre vie e la produzione nazionale, spingere sugli stoccaggi, ma anche mettere in funzione i vecchi impianti per l’energia elettrica che non usano il gas (si inquina di più ma si risparmia combustibile). Al limite estremo abbassare un po’ le temperature (è già accaduto nel 2007) e staccare qualche utenza industriale. In attesa che passi l’inverno. In attesa magari del Tap, il gasdotto dall’Azerbaigian così contestato ma anche così “strategico”.

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