Milano, 11 novembre 2017 - 22:54

Pensioni, ultime trattative: i sindacati chiedono un mese di sconto

I sindacati hanno bocciato l’offerta avanzata dal governo nei giorni scorsi: «salvare» dall’aumento dell’età pensionabile — 67 anni nel 2019, cinque mesi in più rispetto a ora — solo chi rientra nelle 15 categorie dei lavori gravosi, dalle maestre ai muratori

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Sulle pensioni siamo all’ultimo tentativo di mediazione. In vista dell’incontro di domani con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, i sindacati hanno in sostanza bocciato l’offerta avanzata dal governo nei giorni scorsi: «salvare» dall’aumento dell’età pensionabile — 67 anni nel 2019, cinque mesi in più rispetto a ora — solo chi rientra nelle 15 categorie dei lavori gravosi, dalle maestre ai muratori. La Cgil, in particolare, contesta anche le stime sul numero delle persone coinvolte: tra le 15 e le 20 mila secondo il governo, meno a giudizio del sindacato. In ogni caso l’offerta non dovrebbe essere accolta. Di qui la richiesta dei sindacati e la trattativa riservata su un intervento diverso: un mini sconto ma per tutti.

Lo schema

L’ipotesi è far salire l’età della pensione nel 2019 a 66 anni e 11 mesi. Un mese in meno rispetto a quanto si dovrebbe fare per legge applicando l’adeguamento alla speranza di vita. Mentre le categorie da esentare del tutto sarebbero «congelate» in attesa dei risultati della commissione scientifica che analizzerà l’andamento della speranza di vita per ogni categoria professionale. Il costo sarebbe intorno ai 600 milioni di euro l’anno. Non un dettaglio. E la trattativa sembra in salita anche per la netta contrarietà del ministero dell’Economia. Non tanto per il costo diretto. Ma per il segnale che verrebbe dato ai mercati internazionali, smontando un pezzettino della riforma delle pensioni.

Il tempo

Ma perché uno sconto solo di un mese? Non si tratta di un numero a caso. Sulla speranza di vita sindacati e governo hanno raggiunto l’accordo su un nuovo metodo di calcolo: non si confronterà solo il dato all’inizio e quello alla fine del triennio considerato, ma peseranno anche le variazioni registrate fra i due estremi. Tra il 2014 e il 2016 c’è stato un aumento di cinque mesi ma nel 2015 c’è stata una flessione di cui non si è tenuto conto. Il nuovo metodo di calcolo dovrebbe essere utilizzato solo in futuro, a partire dal 2021. La richiesta dei sindacati è di utilizzarlo in modo retroattivo, già per lo scatto del 2019 che deve essere formalizzato entro fine 2017. Il governo resiste, i sindacati pure. Ma se domani non si troverà un accordo, il tema delle pensioni resterà esposto al vento degli emendamenti parlamentari sul disegno di legge di Bilancio.

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