Milano, 7 ottobre 2017 - 10:32

Tokyo, Dentsu multata per il suicidio di una dipendente: troppo lavoro, 105 ore di straordinario al mese

Un nuovo caso di «karoshi», la morte per sfinimento causata dalle aziende che impongono ai dipendenti troppe ore di straordinario: la maggiore agenzia pubblicitaria giapponese condannata a pagare 500 mila yen, pari a 3.780 euro

Yukimi Takahashi, la madre della 24 Matsuri Takahashi morta per sfinimento Yukimi Takahashi, la madre della 24 Matsuri Takahashi morta per sfinimento
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In Giappone il tasso di disoccupazione è al 3 per cento, quota fisiologica secondo gli economisti. Ma Tokyo non è il paradiso dei lavoratori. È la patria del «karoshi»: la morte per sfinimento causata dalle aziende che impongono ai dipendenti una montagna di ore di straordinario. Ora uno di questi casi è finito in tribunale. È il suicidio di Matsuri Takahashi, una giovane praticante di 24 anni della grande agenzia di pubblicità Dentsu, famosa per i suoi ritmi forsennati. Era il 2015 e Matsuri per email si era sfogata con la madre, raccontandole che nell’ultimo mese le era stato ordinato di fare 105 ore di straordinario; andava avanti così da nove mesi; nell’ultima settimana era riuscita a stendersi nella sua branda del dormitorio aziendale per un totale di dieci ore. Sconvolta dalla depressione, una notte si lanciò nel vuoto dal palazzo della Dentsu. Ieri i giudici hanno stabilito che la Dentsu ha violato la legge.

L’agenzia è stata condannata a pagare 500 mila yen, 3.780 euro. Tanto valeva il superlavoro di Matsuri, tanto è stata valutata la sua vita spezzata con il suicidio. In un comunicato la Dentsu ha detto di prendere la sentenza con grande serietà e non ha mancato di «estendere le più profonde scuse agli azionisti e al pubblico per la preoccupazione causata». L’amministratore delegato, il signor Toshihiro Yamamoto, per sei mesi avrà un taglio di stipendio del 20 per cento. La notizia è stata data con grande risalto dalla stampa di Tokyo. Perché un’azienda è stata condannata, anche se solo per aver violato la legge sull’orario di lavoro, non per aver provocato la morte. «È comunque un fatto storico, il reato è stato accertato», ha detto l’avvocato della famiglia Takahashi. I media hanno sottolineato che il fenomeno, nonostante le promesse di intervento del governo, si è aggravato: un libro bianco pubblicato ieri ha contato 191 morti per karoshi nell’anno fiscale terminato a marzo, rispetto alle 189 del 2016. Tra le testate che hanno raccontato il caso giudiziario c’è la tv statale NHK, che ha appena ammesso di aver avuto una morte per sfinimento in redazione. La giovane giornalista Miwa Sado, uccisa da un infarto nel 2013 dopo aver fatto 159 ore di straordinario in un mese per coprire due elezioni amministrative. La NHK dice di aver rivelato il caso con tanto ritardo per rispetto del dolore della famiglia.

Secondo la legge, una morte per infarto viene considerata «karoshi» se il dipendente ha fatto 100 ore di straordinario il mese precedente, o 80 nei due mesi prima dell’evento. Per la giurisprudenza un suicidio può essere «karoshi» se l’individuo è stato impegnato in 160 ore di lavoro extra per un mese o 100 ore per tre mesi consecutivi. Il governo Abe, ora impegnato in campagna elettorale, ha promesso un «piano d’azione» che prevede un tetto agli straordinari e paga migliore per i lavoratori part-time. Ma le aziende resistono, perché nel Giappone che fa pochi figli e non ha simpatia per gli immigrati, la mano d’opera manca. Guido Santevecchi

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