Milano, 9 ottobre 2017 - 22:12

Ilva, Arcelor risponde al governo: abbiamo già aumentato gli occupati

La multinazionale reagisce allo stop al confronto di Calenda: «Abbiamo mostrato flessibilità aumentando il numero degli occupati a 10 mila senza aver fatto altre promesse». Il nodo dei 52 mila euro e la contrarietà di Lakshmi e Aditya Mittal

Aditya e Lakshmi Mittal Aditya e Lakshmi Mittal
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Che quello dei nuovi contratti fosse il nodo più difficile da sciogliere è apparso chiaro fin da venerdì scorso, giorno in cui la nuova proprietà dell’Ilva, l’Am Investco (ArcelorMittal più Marcegaglia), ha chiarito il nuovo piano con una lettera ai sindacati: 4.200 esuberi (dato già noto, a fronte di una cassa integrazione attuale fino a 4.100 dipendenti) e assunzione ex novo per i 10 mila lavoratori dell’Ilva rimanenti. Che significa nessuna «continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto, neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità». Una novità, secondo il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, una ovvietà, secondo ArcelorMittal, essendo la discontinuità (che comporta la riassunzione dei dipendenti con le norme del Jobs act) già prevista dal bando di vendita. C’è un passaggio del lungo iter di vendita, però, a cui si appigliano entrambe le parti: a giugno scorso, quando Am Investco ha prospettato l’ipotesi di garantire il lavoro, dal 2018 al 2024, a una media di 8.691 dipendenti al costo medio di 52 mila euro, il governo si è opposto. Chiedendo di alzare il tetto degli occupati a 10 mila. Am Investco lo ha fatto, senza esplicitare, però, che per garantire il riequilibro economico finanziario dell’operazione (ed evitare l’incremento dei costi annui di circa 75 milioni) fosse necessario abbassare quel tetto dei 52 mila euro. Su questo qui pro quo si gioca la partita tra il governo e la multinazionale dell’acciaio. E anche la possibilità che si trovi «in un tempo ragionevole» — come chiede ArcelorMittal — una soluzione della questione. Di certo quando ieri il ministro Calenda ha rinunciato ad aprire il tavolo senza un passo indietro di ArcelorMittal sui livelli retributivi dei contratti, i due manager della multinazionale, Geert Van Poevoorde e Matthieu Jehl, non hanno esitato a girare i tacchi e andarsene. E anche gli esponenti della famiglia Mittal — il padre Lakshmi e il figlio Aditya — non hanno nascosto la loro sorpresa per la mossa del ministro. Contrarietà messa nero su bianco nel comunicato diffuso da ArcelorMittal: «Siamo contrariati dal non aver potuto iniziare la negoziazione con i sindacati dopo aver mostrato flessibilità aumentando il numero degli occupati a 10 mila senza aver fatto alcuna ulteriore promessa». La sensazione è che la saggezza di Lakshmi finirà con il prevalere sull’irruenza di Aditya che avrebbe addirittura minacciato di abbandonare la partita. Ma ArcelorMittal è disposta a nuove aperture solo in sede di negoziazione, non prima di sedersi al tavolo (con il rischio, poi, di doverne fare altre nella trattativa). Un muro che fa il paio con quello alzato da Calenda. Prima ancora che con i sindacati, Mittal dovrà trattare con il governo.

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