5 marzo 2018 - 23:02

Di Maio guarda ai dem, poi frena: Montecitorio a chi accetta di trattare

Offerta la presidenza della Camera. Attesa dopo le dimissioni congelate di Renzi

di Emanuele Buzzi

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Una cena per festeggiare dopo una giornata di bilanci e riflessioni: è la conclusione per Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio di una giornata infinita. Un post voto «privato» in cui il Movimento si è chiuso nell’attesa. Un briefing alla mattina per Di Maio, prima della conferenza stampa, dopo essersi confrontato con il garante e con lo stratega, per pesare le parole e dare un «aplomb istituzionale» alla vittoria. Poi di nuovo, conti e mosse.

La strategia

Il Movimento ha chiarito pubblicamente come intende muoversi, che ritiene di essere centrale nella nascita dell’esecutivo. E ora la strategia è quella di aspettare le mosse degli avversari, ribadendo la volontà dei Cinque Stelle di essere centrali nell’esecutivo che verrà. «Possono scegliere se provare a fare un passo per salvare il Paese o tornare alle urne prendendosi le loro responsabilità» è il ragionamento dei vertici. «Nessuna preclusione, nemmeno ai forzisti di Silvio Berlusconi», insistono lasciando aperte tutte le strade.

I tempi

Certo, per alcune tematiche e per alcune scelte anche in seno alla squadra di governo verrebbe più naturale pensare a un asse con Pd e Leu (allargato forse anche ai centristi), ma la mossa delle «dimissioni congelate» di Matteo Renzi ha lasciato qualche perplessità. A parlare e lanciare segnali è Alessandro Di Battista: «Renzi? Pur di non dimettersi realmente è disposto a frantumare quel che resta del Pd e cosa pensa il Pd?». Trovare convergenze con i dem derenzizzati sarebbe più semplice, tuttavia lo scenario «è in divenire». «Se la sbrighino loro, ma a vedere i commenti pubblici la scelta di Renzi pare non essere stata apprezzata nel Pd», dicono i pentastellati. E ragionano: «Noi siamo stati chiari e siamo nella posizione ideale di potere seguire gli sviluppi». Il Movimento, insomma, non vuole calcare la mano e spera in un intervento istituzionale o interno al Pd che porti a un chiarimento in un senso o nell’altro. Intanto, alcuni pontieri si sono mossi nell’ombra e si registrano — secondo rumors non confermati — anche dei contatti per sondare gli umori del Quirinale sul voto e sulle sue possibili evoluzioni. I tempi per un ragionamento di ampio respiro (la deadline è il 24-25 marzo) ci sono e i temi sul tavolo — ridurre le tasse, tagliare gli sprechi, dare soldi alle famiglie, alzare la pensione minima, ridurre fortemente la disoccupazione giovanile — sono stati definiti.

L’ipotesi Taverna

l rebus (e le soluzioni) sono più che altro numeriche. I pentastellati dovrebbero arrivare a 230-240 deputati. Il conto alla rovescia per arrivare al governo, quindi, abbraccia 80-100 parlamentari. L’idea è sempre quella di un appoggio esterno all’esecutivo. La partita comprende anche le presidenze delle Camere. I Cinque Stelle sono disponibili a sostenere un candidato «esterno» per uno dei due rami del Parlamento con l’obiettivo — essendo il primo partito — di vedere riconosciuto il loro ruolo nell’altro ramo. A Montecitorio i pentastellati — che negano ogni indiscrezione — hanno in pole il nome di Emilio Carelli. Tuttavia, il Movimento in realtà punta a Palazzo Madama. E per la presidenza del Senato i Cinque Stelle vorrebbero indicare una personalità fortemente legata alla storia del Movimento. Si parla di Danilo Toninelli, fedelissimo di Di Maio, ma c’è anche un’altra strada. Per una questione di quote di genere e — soprattutto — di scelte interne legata anche al radicamento, prende quota l’ipotesi che porta a Paola Taverna, ortodossa che domenica sera figurava tra i pochi pentastellati presenti nella «war room» dei vertici. C’è tempo ancora, però, per capire scenari e orientamenti. «Non siamo nemmeno spaventati da un ritorno alle urne: gli italiani capiranno che sono stati gli altri partiti a riportarci al voto», dicono nel Movimento. Intanto Beppe Grillo avverte i suoi: «In questa fase bisogna comunicare, insistere sui temi. Dobbiamo far capire quali sono le nostre priorità, anzitutto agli italiani».

La convinzione

La convinzione di fondo è che lo stallo attuale non reggerà molto e che nelle coalizioni di centrosinistra e centrodestra ci saranno delle novità nel giro di sette, dieci giorni. Intanto anche nella minoranza dem c’è chi mette paletti: «Da parte nostra non c’è stata nessuna apertura a un possibile governo con il M5S», dichiara Andrea Martella, esponente del Pd e coordinatore dell’area Orlando. «Il voto è terminato venti ore fa: vi aspettavate un governo lampo?», chiosano i Cinque Stelle.

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