11 marzo 2018 - 00:04

Ipotesi presidenze: la Camera ai 5stelle e il Senato alla Lega. Per palazzo Chigi il modello Cotarelli

Ipotesi e trattative dei partiti, la possibilità di un governo di transizione

di Marco Galluzzo

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ROMA «È come una grande matrioska, ma nessuno conosce numeri, colori e forme delle matrioske successive». La battuta circola a Roma nei Palazzi, fra i partiti, persino al Quirinale e descrive lo stato di incertezza assoluta che al momento copre la situazione politica. Eppure di almeno due piccole matrioske più di qualcuno azzarda una previsione. La prima riguarda i presidenti delle Camere: scommettere che una vada ai 5Stelle e l’altra al centrodestra, alla Lega (Giorgetti o Calderoli) o a Forza Italia (Romani), non è più un tabù.

La seconda riguarda la matrioska più grossa, quella del governo: persino negli uffici della prima carica dello Stato non si fa mistero di una soluzione possibile, ammesso e non concesso che venga accettata dai partiti, e ovviamente solo nell’eventualità che non ci siano strade alternative.
Con la premessa di tanti condizionali la strada non porta né ad un governo presieduto da Salvini né ad uno guidato da Di Maio: al momento, come dice un autorevole esponente del Pd, «sembra che tutte le soluzioni possibili siano contro natura». Non lo sarebbe però un governo che dovesse nascere per un tempo breve, avere un obiettivo minimo (fare la Finanziarie ed evitare che scattino le clausole Iva), ed avere come presidente del Consiglio una figura che sia gradita al numero più ampio di forze politiche. Sarebbe un’extrema ratio, e come tale viene discussa, comunque migliore di un ritorno alle urne immediato.

«Non credo che si arriverà ad un accordo per un governo stabile, penso piuttosto ad un governo di transizione che avrà il compito di portarci a nuove elezioni», ha detto ieri Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review del governo Renzi, che fra l’altro in questo scenario incarnerebbe, proprio lui, una figura modello: ha lavorato con il Pd, Berlusconi lo voleva come ministro, Di Maio lo ha citato, il suo lavoro, come base ideale per tagliare la spesa pubblica.

È chiaro che si tratta di spiragli, di meri abbozzi di soluzioni, in un contesto di assoluta incertezza. Incertezza che comincia domani con la direzione del Pd: sarà davvero da martedì un partito democratico senza più Matteo Renzi, e che direzione prenderà l’ex partito di maggioranza relativa? Subito dopo ci sarà, come elemento chiarificatore, l’Assemblea nazionale del partito, ma in data successiva alle consultazioni. Poi ci sarà l’elezione dei presidenti delle Camere e subito dopo quella forse ancora più complessa dei capigruppo: come saranno eletti quelli del Pd, a maggioranza (come capitò per Zanda) o all’unanimità (come si verificò per Speranza)? Non sono sottigliezze, perché anche dalla compattezza dei democratici potrebbero dipendere gli scenari successivi alle consultazioni del Quirinale.

Non è detto che il tunnel della crisi non si affianchi a quello di altre democrazie europee: la Germania ci ha messo 6 mesi per avere un governo, la Spagna 1 anno, l’Olanda 9 mesi. L’Italia segnerebbe un record se avesse un esecutivo prima dell’estate e in quel caso una possibile luce in fondo al tunnel avrebbe come elemento di contrasto il ruolo del Pd, un ruolo importante, se non decisivo.
La possibilità di appoggiare uno dei due vincitori delle elezioni, i 5Stelle o il centrodestra, infatti esiste, e viene discussa sottovoce nel Pd. Ma come condizione avrebbe quella di una rimodulazione pubblica, dunque parlamentare e ufficiale, di alcuni tratti del programma. In sintesi, per un appoggio esterno o ad intermittente del Pd, ma decisivo per la nascita di un governo, ci vorrebbe comunque una «correzione», in senso moderato, europeista, conforme ai parametri dei conti pubblici, da parte della Lega o dei 5Stelle.

Scenari che al momento appaiono al limite del possibile, ma che sono gli unici che offre il buon senso. Oltre ad uno che tutti escludono a gran voce, compresi i protagonisti diretti, ma che eliminerebbe di colpo qualsiasi trattativa: un governo Di Maio-Salvini. Una matrioska che è il più grande dei tabù, almeno al momento.

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