1 febbraio 2018 - 00:11

“Pronti a governare con FI, Pd e Lega” Giallo sulla frase di Di Maio a Londra

La «Reuters»: ha aperto a un governo con FI, Pd e Lega. Il candidato premier: mai detto

di Luigi Ippolito

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Londra«Nessun governo di larghe intese. Come ho sempre detto, noi presenteremo una squadra di governo prima delle elezioni. Dopo il voto, se non avessimo la maggioranza assoluta, faremo un appello per convergere sui temi: nessuno scambio di poltrone». Luigi Di Maio sgonfia subito il caso nato dall’incontro con un gruppo di investitori internazionali a Londra: la Reuters aveva riferito che il candidato premier del Movimento 5 Stelle aveva affacciato la possibilità di un governo con Pd, Forza Italia e Lega. «Ci può essere stato un problema di traduzione», taglia corto Di Maio.

Per 24 ore il leader M5S ha provato a lasciarsi alle spalle le polemiche sulle candidature — che ieri hanno continuato a sollevare onde alte in Italia — ed è volato a Londra per presentare le sue credenziali ai mercati finanziari internazionali. Un passaggio importante che segna la volontà del Movimento 5 Stelle di trasformarsi definitivamente da formazione di protesta in partito di governo. «Siamo venuti qui per farci conoscere e per rassicurare», ha spiegato Di Maio, che ha incontrato importanti investitori internazionali in un club esclusivo e che, a quanto trapela, è stato ascoltato con attenzione. «Abbiamo visto i rappresentanti di fondi di investimento che gestiscono una quantità di denaro pari all’intero debito pubblico italiano», racconta.

A sentire Di Maio, sembra quasi che ci sia una convergenza fra le attese dei mercati e le intenzioni dei Cinque Stelle: «Abbiamo visto che in cima alle preoccupazioni dei nostri interlocutori ci sono i tempi della giustizia in Italia: dal recupero dei crediti deteriorati ai contenziosi civili».

Più delicate le questioni strettamente economiche, a partire dal debito pubblico. Ma anche qui Di Maio spiega che «tutti hanno concordato sulla necessità di misure espansive. Noi non vogliamo ridurre il debito tagliando sanità o istruzione». La ricetta che ha presentato alla City prevede una spending review che riprenda quella di Cottarelli e porti all’eliminazione di sprechi per 30 miliardi; seguita poi da un programma di investimenti produttivi in deficit, perché «il tetto del 3% non è un tabù», anche se sottolinea più volte che questa manovra sarebbe «concordata con l’Europa».

Per quanto riguarda i rapporti con Bruxelles Di Maio annuncia un «confronto franco, ma ispirato al dialogo». Sembra quindi accantonata la stagione della contrapposizione alla Ue, anche se il leader M5S rifiuta di escludere esplicitamente un referendum sull’euro, pur definendolo solo una «extrema ratio». Ma ad ogni modo «noi non siamo una forza populista, non abbiamo nulla a che fare con Marine Le Pen in Francia o la Afd in Germania». E indica piuttosto come modelli di nuova leadership il cancelliere democristiano austriaco Sebastian Kurz e il presidente francese Emmanuel Macron.

Ma oggi al rientro in Italia Di Maio si troverà di nuovo ad affrontare la grana delle candidature: c’è chi sosteneva il Pd, chi faceva l’assessore in Sicilia, chi è accusato di avere la tessera della Lega. «Ci fanno le pulci ma gli altri candidano impresentabili e fedelissimi», è la sua difesa. E stasera a Milano ci sarà una cena in ricordo di Gianroberto Casaleggio, al costo di 60 euro (300 per chi vuole iscriversi all’associazione) alla quale parteciperanno Di Maio, i big del Movimento e i candidati.

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