6 marzo 2018 - 10:01

Calenda: «Il Pd va risollevato, mi iscrivo». Poi precisa: «Non mi candido a segretario»

L'annuncio del ministro: «Non bisogna fare un altro partito, ma risollevare questo». Il grazie di Renzi e di Gentiloni. Debora Serracchiani si dimette dalla segreteria

di Antonella De Gregorio

(Ansa) (Ansa)
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È il day after. E dopo la batosta elettorale e le annunciate dimissioni di Renzi, nel Pd c'è agitazione. A partire da una mossa a sorpresa di un ministro che, per le Politiche, aveva annunciato il proprio voto per Paolo Gentiloni alla Camera e per Emma Bonino al Senato, e presenziato alla chiusura della campagna elettorale di +Europa. «Non bisogna fare un altro partito, ma lavorare per risollevare quello che c’è. Domani mi vado a iscrivere», ha cinguettato martedì mattina Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, in risposta a un follower che gli chiedeva di «iscriversi a un partito, meglio se nuovo». A Calenda, a stretto giro, risponde il premier, Paolo Gentiloni: «Grazie Carlo!», twitta. Più tardi lo chiamerà Matteo Renzi, congratulandosi per la decisione.

«Bel segnale»

A Calenda - che in passato, e ancora ieri in occasione delle dimissioni di Renzi «solo annunciate» non ha risparmiato critiche al segretario - il social rimanda una raffica di reazioni entusiaste. Lo salutano come un bel segnale il vicesegretario del Pd Maurizio Martina («La scelta giusta»), Matteo Richetti, portavoce della segreteria del Partito democratico ( «Preparo il comitato d'accoglienza! Che bella notizia Carlo Calenda! Si riparte alla grande»), il ministro Anna Finocchiaro: «È molto bello ed importante che in un momento difficile ci sia chi vuole dare il proprio contributo al Pd, al suo pluralismo e al suo rafforzamento. Benvenuto», scrive. Lo accolgono a braccia aperte Piero Fassino («Benvenuto @CarloCalenda nel @pdnetwork, serve il contributo di tutti, ora più che mai. La tua esperienza e la tua credibilità saranno per noi senz'altro preziose») il ministro Claudio De Vincenti, il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda, Matteo Ricci, responsabile Enti locali del Pd. E Ivan Scalfarotto: «Ciao Calenda, ne sono felice. Ti aspettiamo non solo per ricostruire: la tua presenza sarà fondamentale per dar voce agli ideali di libertà, apertura e giustizia che ci uniscono, e che dopo questo voto potrebbero sembrare erroneamente a qualcuno minoritari e intimiditi». Una voce all'unisono: soprattutto «nel momento della sconfitta», serve il contributo di tutti. E allora Calenda raccoglie la palla al balzo e aggiunge un altro «micropensiero»: «Sarebbe bello rispondere così al risultato elettorale. Tornando ad impegnarsi direttamente. Io ci credo».

«Tornare a capire le paure»

La scintilla è stata la provocazione di un follower: «Spero che a breve si iscriva ad un partito. Meglio se nuovo...Facciamo la Luna», gli ha suggerito un deluso @alebezza. E, pronta, la decisione di entrare a far parte del partito, per «risollevarlo». Una mossa controcorrente, che arriva dopo un’analisi «in pillole», fatta di cinguettii, in cui il ministro non si accodava alle critiche nei confronti di Matteo Renzi per la sconfitta elettorale e motivava il crollo nei consensi con la sensazione data dai partiti progressisti di essere «partito delle elite»: «È successo in tutto l’Occidente ai progressisti. Ma è anche effetto del nostro modo di comunicare ottimistico/semplicistico. Tornare a capire le paure non tentare di esorcizzarle», il riassunto.

La corsa alla segreteria

Ma, sempre in risposta a un tweet, Calenda ha poi spiegato che la sua iscrizione al Pd non significa candidatura alla segreteria: «Non conosco il partito, le persone che ci lavorano, la rete territoriale etc.. Candidarsi a qualcosa sarebbe davvero poco serio. E poi non voglio essere in nessun caso un ulteriore elemento di divisione o personalizzazione. Lavoriamo tutti insieme», ha scritto il ministro. Sul tema della successione al segretario, il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, 69 anni, si è detto disponibile a guidare il partito: «Candidarmi? Perché no? Io una mano la posso dare», ha detto a Radio anch'io. Anche se sulle decisioni sul futuro del partito, dice: «Credo sia giusto far pronunciare la base».

Dimissioni

Il terremoto politico, intanto, miete vittime: la governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani (che ha strappato al fotofinish un seggio in Parlamento, grazie al meccanismo del calcolo dei resti) lascia la segretaria nazionale: «Alla luce del risultato delle elezioni, per senso di responsabilità nei confronti di tutta la comunità del partito, ho preso la decisione di dimettermi dalla Segreteria nazionale del Pd», ha annunciato: «Un atto - dice - doveroso e improrogabile». Già ieri Serracchiani aveva parlato di «delusione». I risultati del voto sono stati «una lezione durissima» per il Pd, che «non riesce più a intercettare milioni di persone e rispondere ai loro bisogni ». «In tempi di incertezza e di paura, per loro non siamo stati un punto di riferimento». A ruota, seguono le dimissioni del segretario del Pd dell'Umbria, Giacomo Leonelli, e del segretario regionale del Pd Campania, Assunta Tartaglione.

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