5 marzo 2018 - 12:04

«Renzi, dimissioni vicine»: ma l'intervento del leader slitta alle 18

Annunciato, poi smentito, l'addio del segretario al partito. Slitta la conferenza stampa prevista per le 17. Promosso solo nella «sua» Firenze

di Antonella De Gregorio

(Ansa) (Ansa)
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Ore di incertezza in casa Pd. Dopo la frana delle elezioni piovono le pietre delle dimissioni. Annunciate, attese, smentite? Un lancio dell'agenzia Ansa, intorno a mezzogiorno, dava l'addio per certo. Poco dopo, via Twitter, la smentita del portavoce del segretario, Marco Agnoletti. Che aggiunge: «Il segretario del @pdnetwork @matteorenzi parlerà oggi pomeriggio alle 17». Una cautela inutile: il passo indietro del segretario è ormai dato per certo. Anche se l'eventuale annuncio slitta: all'ora prevista per la conferenza stampa Matteo Renzi si trova chiuso nel suo ufficio insieme ai suoi fedelissimi, tra i quali Maurizio Martina e Lorenzo Guerini, per decidere la strategia da seguire.

L'attesa

Per conoscere le sorti del Pd bisognerà attendere ancora. L’ipotesi di una resa era stata scartata alla vigilia del voto, quando nessuno immaginava il crollo a cui si è assistito nel corso della notte. Alla luce dei dati, la parola «dimissioni» ha cominciato però a circolare fra gli ambienti dem. Dai vertici del partito fanno sapere che Renzi, «non deciderà da solo», si consulterà con gli alti gradi del partito. Le ipotesi sono ancora tutte in campo. Dal Nazareno, l'invito è ad attendere le parole del segretario. L'ex presidente del Consiglio potrebbe rimettere il suo mandato ma sarebbe l'assemblea a decidere se ratificare la decisione. C'è già chi vede in Gentiloni e Delrio, oppure in Walter Veltroni i possibili traghettatori in questa fase post-voto.

Sotto il 20%

Quello che è certo è che Matteo Renzi sta pagando in queste ore il fallimento dei suoi stessi sogni. Diceva di non voler lasciare il partito in mano ad altri, mentre crollava non «al 25% di Bersani del 2013», ma addirittura sotto il 20%. Linea sotto la quale potrebbe non accettare di restare segretario. A crollare è anche la roccaforte del Pd, quella Toscana che si è risvegliata molto meno rossa, con il centrodestra a trazione leghista a soli due punti percentuali di distanza dal centrosinistra e il movimento cinque Stelle in rincorsa.

«Successo» a Firenze

Una soddisfazione personale per Renzi arriva dalla «sua» Firenze, dove il segretario dem incassa 109.830 preferenze ottenendo così il seggio al Senato. È la prima volta che diventa parlamentare. Renzi ha vinto nel collegio uninominale Toscana 1 del Senato (comprendente Firenze città, Lastra a Signa, Signa, Scandicci e Impruneta) con il 44,11%, davanti al candidato della Lega Alberto Bagnai (al 24,5%) e a quello del Movimento 5 stelle Nicola Cecchi al 19,82%. Alessia Petraglia di Leu è al 6,65%. Una vittoria amara, se si guarda ai dati complessivi del partito e che porterà inevitabilmente all'instaurarsi di nuovi equilibri.

Convergenze

Su un Pd «derenzizzato» punta il M5S: una possibile convergenza sarebbe possibile solo senza Renzi al comando. Sembra preparare questo scenario la risata di Alessandro Di Battista, mentre dice «Matteo Renzi a 43 anni è già un ex». Di «arroganza punita» parla il leader della Lega, Matteo Salvini (che a una domanda sull'ipotesi dimissioni risponde «no comment»). Mentre da Pier Ferdinando Casini, neo eletto al Senato di Bologna per il centrosinistra, giunge un invito: «Mi auguro che non sia il momento della resa dei conti nel Pd ma di ragionamenti sereni e profondi». Il problema sono stati arroganza e slealtà? Lo chiede un follower di Carlo Calenda su Twitter. Questa la replica del ministro dello Sviluppo Economico: «Renzi è stato eletto segretario da due milioni di persone ed è stato, questa è la mia opinione, un ottimo presidente del Consiglio. Io credo si essere stato uno dei pochi a dirgli sempre in faccia quello che pensavo. Adesso però mi rifiuto di partecipare alla lapidazione pubblica».

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