15 dicembre 2017 - 21:35

CR17 alla partita finale: l’ex pupillo
di Mandela contro la squadra Zuma

Da sindacalista a milionario: Cyril Ramaphosa parte favorito nella corsa per la guida dell’Anc (il partito di Nelson). Saprà rinverdire il sogno della Nazione Arcobaleno?

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Ha 65 anni e 450 milioni in tasca, è stato sindacalista contro il regime bianco e capitano d’industria nella Nazione Arcobaleno. Ha guidato la stesura della Costituzione sudafricana, una delle più belle (e inascoltate) del mondo e poi ha cambiato passione: ha appena pubblicato un libro sulle amate Ankole, le vacche dalle lunghe corna. Per Cyril Ramaphosa comincia il weekend più importante della vita: potrebbe realizzare il sogno coltivato tra le baracche di Soweto e le chiese dove è cresciuto, all’ombra di un padre poliziotto e di una madre che faceva birra clandestina in casa: «Un giorno sarò presidente».

CR17 (per i fan) arriva favorito alla Conferenza dell’Anc che si apre oggi a Johannesburg. L’African National Congress elegge il nuovo leader di un partito-egemone ridotto ai minimi storici, un leader che sarà comunque il candidato da battere alle presidenziali del 2019. La donna che può sfilargli il sogno è Nkosazana Dlamini-Zuma, veterana anti-apartheid nonché ex moglie (tuttora alleata) di Jacob Zuma, il presidente che dopo 10 anni di scandali e insabbiamenti lascia la poltrona che fu di Nelson Mandela. Nella conta dei delegati provinciali CR17 parte in vantaggio, ma lo scrutinio finale è segreto e la squadra Zuma potrebbe ribaltare con qualche «trucco» i pronostici.

Il Sudafrica che segue la gara ai vertici dell’Anc naviga in cattive acque. Debito pubblico alle stelle, crescita all’1%, disoccupazione al 30%. L’era Zuma è già ricordata come l’era della corruzione. Jz conta sull’ex moglie per evitare di passare la pensione in tribunale o in galera, visto che la magistratura ha rispolverato i 18 capi d’imputazione sul suo conto. Ramaphosa ha vissuto gli ultimi 5 anni da vicepresidente, prendendo le distanze dal boss solo di recente (come la maggioranza del partito). L’etichetta affibbiata al sistema Zuma («state capture», la razzia dello Stato) vale in parte anche per lui e per tutto l’Anc. Ma è anche vero che Jz nel 2012 accettò Ramaphosa come vice per minare le sue mire piuttosto che sostenerle. CR17 ha evitato le trappole, e ora si presenta come mister anti-corruzione. Forte è la tentazione di vedere la sua corsa come la chiusura di un cerchio e la riapertura di un sogno: dopo la liberazione di Mandela nel 1991, la stella di «Cyril il negoziatore» brillò in una stagione cruciale. Da segretario generale dell’Anc guidò la danza dei negoziati con il regime bianco di Frederik de Klerk, arrivando al compromesso che assicurò il passaggio alla democrazia. Dice tutto lo sguardo raggiante dell’ex sindacalista quarantenne (nei panni di presidente dell’Assemblea Costituente) mentre osserva Mandela (che lui chiamava Tata, papà) firmare la nuova Carta.

Poi Mandela scelse come vice Thabo Mbeki. E «il figlio» offeso si diede agli affari, sfruttando il sistema che costringeva le imprese a chiamare sulla tolda neri ben introdotti. Il difensore dei minatori diventò proprietario di miniere. A Marikana, nel 2012, la polizia sparò su lavoratori che scioperavano contro di lui. Macchie sulla maglia di CR17. Che ora cerca il riscatto. E se va male? Potrebbe guidare un nuovo partito. O dedicarsi alle amate Ankole, le vacche dalle lunghe corna.

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