27 dicembre 2017 - 22:20

Putin gioca senza avversari: è la vanità sportiva dei leader

Gli otto goal del presidente russo nella partita di hockey sulla Piazza Rossa. Dall’ossessione di Nerone per (andare a vincere) le Olimpiadi a Mussolini che praticava una disciplina diversa al giorno

Vladimir Putin, 65 anni, in tenuta da giocatore di hockey su ghiaccio. Il presidente russo è stato ospite d’eccezione in un match in notturna della Hockey League che si è disputato prima di Natale nella Piazza Rossa a Mosca Vladimir Putin, 65 anni, in tenuta da giocatore di hockey su ghiaccio. Il presidente russo è stato ospite d’eccezione in un match in notturna della Hockey League che si è disputato prima di Natale nella Piazza Rossa a Mosca
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E i «bombi», gli «imbrici», le «testae»? A Vladimir Putin, l’altra sera, mancavano solo i professionisti dell’applauso creati due millenni fa dal più vanesio dei vanesi: Nerone. Avesse avuto nel coro osannante pure quelli, gli otto goal (otto!) segnati in una partita di hockey sulla Piazza Rossa dal presidente russo, a dispetto dei 65 anni e degli indomabili difensori avversari, sarebbero stati un’apoteosi.
Certo, anche dalle nostre parti non sono mancati esempi di vanità sportiva. Basti ricordare Silvio Berlusconi che in maglietta e calzoncini bianchi dettava il passo al plotoncino in divisa ansimante nello jogging. O Romano Prodi che, fasciato in tute aderenti, scalava in bicicletta vette impervie al fianco di campioni come Gianni Bugno. O Gianni Alemanno che s’inerpicava sulle cime dolomitiche («Sono il campione del mondo di alpinismo senza allenamento») con gli Scoiattoli di Cortina e si calava in una «vasca di tonni rossi destinati a diventare sushi» dopo una riunione di ministri a Murcia. O ancora Beppe Grillo salpato con larghe bracciate dalla costa calabrese per raggiungere a nuoto la Sicilia ormai pronta alla conquista. Per non dire di Gianfranco Fini che, ignaro del futuro naufragio, si inabissava come un palombaro nelle acque vietate dei parchi marini…

Nessuno, però, ha esposto il suo «machismo» quanto l’ex funzionario del Kgb che, nelle vesti di premier o di capo dello Stato, è il padrone della Russia da 18 anni e mezzo. Sette anni più di Nikita Krusciov e vari mesi addirittura più di Leonid Brežnev. Ed eccolo in posa come pompiere, pilota di un aereo da combattimento, cacciatore col fucile nella tundra, scienziato immerso in un sommergibile, pescatore provetto capace di tirar su un luccio di 21 chili, cintura nera e maestro judoka in un Dvd al fianco del campione giapponese Yasuhiro Yamashita, cavaliere a torso nudo in sella a un focoso destriero, naturalista appassionato che come negli spot dell’Amaro Montenegro abbatte narcotizzandola una rara tigre siberiana per poterla amorevolmente curare.

Fino alle due imprese più clamorose. Tipo la spedizione come archeologo subacqueo tra i resti sommersi della antica città greca di Phanagoria, sul Mar d’Azov. Sono passati tantissimi anni dalle prime ricerche di reperti. Un bel giorno arriva lui, il superman post-sovietico, ed eccolo sotto le telecamere riemergere con due anfore antiche. Un prodigio così prodigioso che uno stretto collaboratore, Dmitri Peskov, decide di buttarla in ridere: «Secondo me devono averle messe lì gli archeologi: volevano fare una cosa gradita al premier».

Gradita davvero? L’incenso, quando è troppo, affumica. Lo testimoniano i fotomontaggi canzonatori di cui il Web trabocca: lui a cavallo ora di un feroce grizzly, ora di una tigre siberiana, ora di un africano inseguito da un ippopotamo, ora di uno squalo, ora di un Donald Trump accucciato che arranca in salita. Per non dire delle prese in giro dopo la pubblicazione di una foto in cui l’uomo forte della Russia, infagottato in una gonfia e stupefacente tuta bianca, è pronto a decollare con un deltaplano a motore per guidare la migrazione stagionale di un gruppetto di gru. Immagine ripresa dal Giannelli russo, Elkin, in una vignetta folgorante. Con Putin che spiega agli uccelli: «Mettiamo subito in chiaro: la “gru alfa” sono io».

Oddio, non è che lo «Zar di ghiaccio» sia il primo a essere talmente esaltato dai lacchè da esporsi alle ironie. Rileggiamo una cronaca de La Stampa del 23 dicembre 1934: «Il Duce pratica ogni giorno uno sport. Il lunedì marcia. Egli percorre con gioia e senza sforzo apparente parecchi chilometri, ad un’andatura rapida e cadenzata qualunque sia il tempo. Io prendo una boccata d’aria vivificatrice — Egli dice — e nel tempo stesso mi avvicino alla natura. Io amo il cinguettio degli uccelli sugli alberi, lo scricchiolio dei ramoscelli che si rompono sotto i miei piedi, o anche la pioggia che mi inonda il viso o la neve che attutisce il mio passo».

Il martedì, proseguiva la sviolinata, «è dedicato al nuoto. I moderni sistemi di nuoto sono conosciuti dal Duce che si tuffa con audacia in piscina e nel mare e termina volentieri la nuotata conversando nell’acqua con i suoi figli. Sulla sua motocicletta o sulle auto da corsa Egli divora il mercoledì le belle strade che si snodano nella campagna romana. Pilota pieno di audacia non ha mai avuto il minimo incidente e se qualche volta il mezzo meccanico lo tradisce, Mussolini non esita a ricercare lui stesso la causa del guasto senza preoccuparsi dell’olio o del grasso che sporcano le Sue mani. L’abilità di Mussolini nel cavalcare è ben nota. Il giovedì Egli salta tutti gli ostacoli con facilità da perfetto audace cavaliere. Il suo cavallo bianco, che Egli circonda di ogni cura e che è davvero focoso, sa comprendere l’affetto del Suo padrone nitrendo in modo significativo allorché sente la Sua voce…». E via così. Un capolavoro.

Ma vuoi mettere Nerone? Imperatore a diciassette anni, certo di potersi permettere tutto, aveva una fissa: andare alle Olimpiadi. Ma non per partecipare: per vincere. E fu così che, ricorda la Treccani, si spinse a spostare avanti i Giochi di due anni (aveva altri impegni…) e nel 67 d.c. «fece il suo trionfale ingresso sul palcoscenico di Olimpia» dove i giudici «gli assegnarono la vittoria nelle sei specialità nelle quali volle cimentarsi: corsa di carri, quadriga con puledri, concorsi per araldi, tragedi, citaredi e in una gara disputata per la prima e l’ultima volta, per imposizione dell’imperatore, il tiro a dieci cavalli». Memorabile fu una di quelle corse: posseduto dall’ardore, Nerone cadde dal cocchio e, narrano gli storici, tutti gli avversari si fermarono per farlo risalire, ripartire, vincere. Mai successo, a Putin. Una volta a hockey segnò sei volte, una sette, due otto… Ma mai un avversario che non si sia impegnato alla spasimo…

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