Lo scandalo delle molestie sessuali a Westminster fa rotolare nella polvere la prima testa eccellente: ieri sera ha dato le dimissioni dal governo il ministro della Difesa Michael Fallon. In una lettera indirizzata alla premier Theresa May, l’alto esponente conservatore riconosce che la sua «condotta nel passato» non è stata all’altezza «degli standard richiesti a chi è a capo della Forze armate».
L’accusa
Nei giorni scorsi Fallon era stato al centro delle rivelazioni sugli abusi sessuali commessi dai politici inglesi a motivo di un episodio avvenuto quindici anni fa: durante una cena il ministro aveva più volte appoggiato la mano sulle ginocchia di una giornalista, fino a buscarsi una piccata reprimenda. Fallon aveva ammesso l’accaduto e aveva detto di essersi già scusato, mentre la stessa giornalista aveva fatto sapere di aver trovato l’episodio «abbastanza divertente»: e ieri sera lei ha twittato di non credere che «le sue ginocchia siano la causa delle dimissioni». E dunque probabilmente quando Fallon cita la sua «condotta nel passato» si sta riferendo ad altri episodi che non avrebbero tardato ad emergere.
Il rischio per il governo
D’altra parte il giorno prima il portavoce di Theresa May si era rifiutato di esprimere piena fiducia in Fallon, lasciando intendere che la vicenda stava prendendo una piega piuttosto seria. La leader del governo ha deciso di assumere una linea molto netta nei confronti delle accuse di abusi sessuali. E dunque c’è da aspettarsi che non sia finita qui, perché ieri è stata aperta una inchiesta governativa su Damian Green, il primo segretario di Stato che di fatto è il vice di Theresa May: anche lui è stato accusato da una donna di aver tenuto comportamenti inappropriati, circostanza che Green nega recisamente tanto da essersi rivolto agli avvocati.
Fragilità su fragilità
L’effetto sul governo di queste rivelazioni e delle dimissioni di Fallon rischia di essere destabilizzante. L’esecutivo della May è già fragile di suo: si regge su una maggioranza rabberciata grazie all’appoggio esterno degli unionisti protestanti, ma soprattutto è profondamente diviso al suo interno sulla questione più importante che la Gran Bretagna deve affrontare in questi mesi, ossia la Brexit. Fallon era un pezzo da novanta del partito conservatore e un alleato chiave della premier, visto come una «mano sicura» e un fattore di stabilità di fronte alla guerra per bande che consuma l’esecutivo. Finora Theresa May era stata giudicata troppo debole per poter condurre in porto un rimpasto finalizzato a rinsaldare la propria autorità: ma ora la casella lasciata vuota da Fallon ( e magari nei prossimi giorni da Green o da qualche altro ancora) la costringe a mettere mano ai delicati equilibri interni. Lo scandalo delle molestie a Westminster, partito da una chat delle assistenti parlamentari in cui si denunciavano i comportamenti dei politici molesti e poi allargatosi grazie alla diffusione di una «lista della vergogna» con nomi e malefatte di 40 deputati, si sta trasformando in una valanga che rischia di trascinare con sé il governo di Theresa May.