Milano, 9 novembre 2017 - 21:32

Beatrice Fihn, premio Nobel per la pace: «Lo scontro con Kim ha aiutato la battaglia contro le armi nucleari»

La direttrice di Ican, l’organizzazione che per la sua campagna di abolizione delle armi nucleari che ha portato l’Onu all’approvazione di un Trattato di messa al bando, ha appena vinto il premio Nobel: «Non c’è nulla di diplomatico nella missione in Asia»

(Epa)
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ROMA «La missione diplomatica di Trump in Asia per isolare la Corea del Nord?». Beatrice Fihn sorride e sgrana gli occhi azzurri: «Non vedo cosa ci sia di diplomatico...». La direttrice di Ican, l’organizzazione che per la sua campagna di abolizione delle armi nucleari che ha portato l’Onu all’approvazione di un Trattato di messa al bando, ha appena vinto il premio Nobel, non crede in un cambio di strategia di Trump.

Cosa non la convince?
«Trump continua a lanciare tweet aggressivi come un qualsiasi bulletto. Ha un’attitudine macho, come molti leader di questo tempo. Pensa che la diplomazia sia roba da femminucce e che le bombe siano maschie, ecco perché mette in ridicolo anche le iniziative del suo segretario di Stato, Tillerson».

Crede che il suo avvento alla presidenza Usa abbia facilitato il percorso della campagna antinucleare?
«Senza dubbio, molte persone si sono sentite a disagio circa il fatto che Trump da solo possa esercitare il controllo sul più grande arsenale nucleare del mondo. Non esiste un uomo giusto per armi sbagliate. La sua polemica con la Nord Corea ha ricordato a tutti che la minaccia nucleare esiste».

Lei è nata nel 1980. Chi, diversamente da lei, ha vissuto la Guerra Fredda crede che la deterrenza abbia funzionato. Perché ora non dovrebbe?
«Il mondo è cambiato: è multipolare. Ci sono focolai di guerra ovunque. È aumentato il rischio di incidenti, come ce ne sono stati, con gravissimi danni. C’è la possibilità di errori umani, come quello che nel 1995 fece scambiare alla Russia un satellite meteo norvegese per un ordigno nucleare americano. Ogni giorno che passa senza abolire le armi nucleari aumenta il rischio che vengano usate».

Quanto può essere utile alla vostra causa il fatto che il Papa, che oggi la riceverà, si sia schierato con voi non solo firmando ma anche ratificando il Trattato Onu (insieme a Guyana e Thailandia)?
«Moltissimo, il Papa è un’autorità morale e un leader autorevole che mobilita la gente. Ricordo che quando nel 2014 prese posizione contro la deterrenza, nell’amministrazione Obama c’era chi, da cattolico, si trovò in difficoltà. E questo alla lunga conta».

Per l’Italia non deve aver contato molto, visto che non ha firmato il Trattato Onu, come invece hanno fatto molte organizzazioni italiane, quali Rete Disarmo.
«Quello che conta è che l’approvazione del Trattato è uno spartiacque: non si potrà più sostenere a parole il disarmo e poi ospitare armi nucleari e addestrare militari al loro uso per uccidere civili, come fa l’Italia. È il momento di scegliere».

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