Milano, 12 novembre 2017 - 16:45

Germania senza governo a 50 giorni dalle elezioni federali

La Cancelliera Merkel bloccata nei colloqui tra la sua Unione Cdu-Csu e i liberali e i verdi per formare la nuova coalizione, costringe anche il resto dell’Europa a non sapere come muoversi su una serie di questioni per le quali la posizione della Germania è decisiva

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Aspettando Angela Merkel, l’Europa è in imbarazzo. Lunedì 13 novembre segna il cinquantesimo giorno da quando si sono tenute le elezioni federali tedesche (il 24 settembre): il governo in carica è ancora quello di prima, esautorato però dal punto di vista politico e senza iniziativa; i colloqui per formare una maggioranza che guidi la Germania nei prossimi quattro anni sono in corso ma in alto mare. Non è la prima volta che i partiti vanno per le lunghe, a Berlino, dopo una consultazione elettorale: il problema è che questi non sono più i tempi in cui ci si può muovere con lentezza, se si crea un vuoto lo riempie qualcun altro.

Tra Bruxelles e Macron

Frau Merkel se ne sta accorgendo in due modi. Per un verso, bloccata nei colloqui tra la sua Unione Cdu-Csu e i liberali e i verdi per formare la nuova coalizione, costringe anche il resto dell’Europa a non sapere come muoversi su una serie di questioni per le quali la posizione della Germania è decisiva ma che non sono ancora chiare nelle scelte politiche del prossimo governo: sul clima, sulle regole europee per le emissioni di gas serra, sulla tassazione dei colossi del web, sui prossimi passi dell’Unione bancaria, sulle riforme della governance dell’Eurozona, sull’atteggiamento da tenere nelle trattative per la Brexit. In altri termini, la cancelliera si rende conto che la Berlino politica sta frenando l’Europa. Per un altro verso, nel vuoto di leadership europea lasciato da Merkel si sta inserendo potentemente il presidente francese Emmanuel Macron, ansioso di vedere le sue proposte di riforma della Ue e dell’area euro accettate dal governo tedesco e portate avanti nel continente: sa che la cancelliera vuole un rapporto stretto con Parigi ma non è sicuro che lo voglia l’intero governo di Berlino. Nel frattempo, prende iniziative un po’ ovunque e viene definito il futuro leader dell’Europa dalla rivista americana Time. Merkel non ne sembra gelosa, anzi una Francia dinamica è nelle sue speranze: sente però la frustrazione di non potere al momento rispondere alle domande dell’Europa e di Macron. Non solo: teme di dovere prima o poi deludere il presidente francese: i liberali con i quali cerca l’alleanza sono lontani dalle idee di Parigi.

La prospettiva caraibica

In questi 50 giorni, a Berlino sono iniziati i colloqui informali per capire se si può formare una coalizione detta Giamaica, dai colori dei partiti coinvolti – nero per i cristiano-democratici, giallo per i liberali e verde per i Grünen – che ricordano quelli della bandiera giamaicana. È l’unica maggioranza possibile, dopo che i socialdemocratici hanno deciso di abbandonare la Grande Coalizione degli scorsi quattro anni e di passare all’opposizione per curarsi le ferite della sconfitta storica del 24 settembre. Entro giovedì 16 novembre, i colloqui esplorativi dovrebbero finire, seguiti dalla fase formale dei negoziati per stilare un programma di governo dettagliato: l’uso, che non verrà smentito nemmeno questa volta, è di stendere con precisione programma e provvedimenti concreti, in modo che nei quattro anni di governo non ci siano sorprese che possano portare a rotture. Pare che nei giorni scorsi i colloqui, ai quali Merkel partecipa in prima persona, abbiano fatto passi avanti, dopo un periodo di fiacca. La cancelliera è intervenuta per fare sapere in pubblico che vuole questa coalizione. Liberali e i verdi, in risposta, si sono ammorbiditi sulle loro richieste. Pare che un compromesso complessivo si possa trovare, ma molto resta da concordare.

Il bilancio pubblico non si tocca

Nei giorni scorsi, un documento riservato destinato ai leader coinvolti nelle trattative ha fatto sapere che ci sono 125 punti in discussione, parecchi dei quali non risolti. Una cosa certa, sulla quale Cdu, Csu, Liberali e Verdi hanno già concordato è che i tagli delle tasse e gli investimenti ci saranno ma non con numeri enormi: il bilancio pubblico, oggi in attivo e quindi in grado di finanziare certe scelte di stimolo economico, non dovrà finire in rosso nel quadriennio. Niente politiche in deficit, in altri termini: su questo c’è accordo. I liberali hanno ridimensionato le richieste di taglio delle tasse e ora spingono affinché venga abolita la Soli, la tassa di solidarietà per le regioni dell’Est varata dopo la riunificazione delle due Germanie nel 1990. I verdi hanno rinunciato all’obiettivo di mettere una data precisa sia all’eliminazione del carbone nelle centrali elettriche sia alla messa al bando dei motori a combustione interna per le auto. Altre questioni rimangono aperte, alcune difficili da trattare: l’immigrazione, la politica sociale, l’istruzione, l’innovazione e la digitalizzazione dell’economia, la privacy nel web, la sicurezza interna e alle frontiere della Ue, l’Europa, la Difesa, la politica internazionale (soprattutto il rapporto con Stati Uniti e Russia). Inoltre, si tratterà di distribuire i posti di governo: scontata Merkel cancelliera, probabilmente ai verdi potrebbe andare il ministero degli Esteri, con Cem Özdemir, e ai liberali quello delle Finanze, forse con il loro leader Christian Lindner.

Merkel cade nei sondaggi

In generale, al momento la maggioranza dei commentatori ritiene che alla fine, non prima dell’anno nuovo, un governo a Berlino si farà. Nelle settimane scorse, molti hanno parlato di possibili elezioni anticipate, se le trattative non andranno in porto. La questione, però, non è di attualità. I partiti impegnati nelle trattative sembrano ben disposti ad arrivare a una conclusione. Le divergenze sulle politiche ci sono ma sono superabili. In più, una virtù del sistema politico tedesco tra le più apprezzate dall’elettorato è la stabilità: se i partiti non riuscissero a formare un governo rischierebbero di essere puniti al voto. Soprattutto, i sondaggi sconsigliano decisamente a Merkel di fallire nelle trattative: la sua Unione Cdu-Csu è data la 30%, in calo di due punti rispetto alle elezioni e ai minimi da sei anni: nel caso di un voto anticipato potrebbe tranquillamente scendere sotto al 30%. Frau Merkel in genere non si fa prendere dalla fretta. Ora, però, sente la pressione, in casa e in Europa. L’ironia è che, questa volta, la velocità non la decide lei.

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