Milano, 23 novembre 2017 - 19:02

Un esule iraniano ucciso in Olanda: è guerra segreta tra Iran e sauditi?

Ahmad Nissi assassinato all’Aja il 9 novembre. Un precedente in aprile a Istanbul e il mistero di due oppositori in Germania: uno vittima di un agguato e l’altro scomparso

Ahmad Nissi, leader del movimento Awhaz, ucciso all’Aja Ahmad Nissi, leader del movimento Awhaz, ucciso all’Aja
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Dal Golfo al Libano è l’ora dei pugnali. Il principe saudita Mohammed regola i conti con i nemici interni e intende contrastare, con l’aiuto Usa, l’Iran. In un’intervista al New York Times ha definito l’ayatollah Khamenei il «nuovo Hitler», parole dure accompagnate dalla promessa di fronteggiare il nemico. Teheran contromanovra, si “muove” con i russi in Siria, accresce la pressione sui dissidenti. Tensioni pubbliche e colpi segreti nel lungo conflitto che oppone i sunniti agli sciiti. E’ la cornice che racchiude l’omicidio di Ahmad Mola Nissi, 52 anni, liquidato nei pressi della sua abitazione all’Aja, in Olanda. Il delitto, avvenuto il 9 novembre, potrebbe essere legato alla battaglia in corso: la vittima era il capo del movimento di liberazione dell’Ahwaz, fazione araba iraniana che incarna l’irredentismo della provincia del Khuzestan ed è appoggiata da Riad. Un episodio, come vedremo, che forse non è isolato..

Stazione tv

Nissi, fuggito dall’Iran nel 2005 e stabilitosi nella città olandese, guidava un gruppo protagonista di attacchi all’interno dell’Iran. Infatti il suo nome era finito nella lista di 13 elementi per i quali l’Iran aveva chiesto l’estradizione. Sembra che fosse pronto a lanciare una tv per diffondere la propaganda e documentare l’attività dei suoi uomini. Progetto sostenuto dai sauditi che avrebbero preparato il personale dell’emittente. Un’alleanza che non è una sorpresa: la minoranza dell’Ahwaz è sempre stata considerata come uno strumento per possibili azioni di guerriglia al fine di creare instabilità all’interno dei confini iraniani. Una delle componenti che da sempre si battono contro il potere centrale, dai baluchi (anche beneficiati dal supporto esterno saudita) ai fieri curdi.

Tre proiettili

In base alla ricostruzione della polizia Nissi è stato colpito da tre proiettili esplosi da un uomo poi scappato a bordo di un’auto recuperata in seguito. Un killer armato di pistola con il silenziatore. Qualche ora dopo gli agenti hanno fermato un sospetto, attualmente sotto indagine. Come accade in questi casi le voci si incrociano con le notizie, le piste vere si confondono con le manovre di distrazione. Il movimento Ahwaz ha chiesto agli olandesi di fare chiarezza e sono emerse accuse nei confronti dell’intelligence iraniana, sospettata di aver voluto eliminare un personaggio che avrebbe potuto creare problemi. Una ripetizione di quanto avvenne negli anni seguenti alla rivoluzione khomeinista, con decine di esuli assassinati, anche in Europa, dagli 007 dei mullah. Delitti rimasti spesso impuniti per convenienza e per paura. Uno di questi agguati avvenne anche in Italia, nel marzo 1993, con l’omicidio a Roma di Mohamed Nagdi.

L’agguato a Istanbul

Nell’aprile di quest’anno a Istanbul hanno fatto fuori Saed Karimian, 42 anni, oppositore iraniano e proprietario della Gem TV. Due sicari hanno bloccato la sua auto ed hanno sparato crivellando di colpi il bersaglio e suo amico. Poi sono fuggiti su un Suv che hanno abbandonato dopo avergli dato fuoco. Karimian, con interessi a Dubai e in Turchia, aveva ricevuto minacce di morte, era stato condannato a 6 anni da un tribunale dell’Iran e stava considerando l’ipotesi di trasferirsi in Gran Bretagna. Dunque, secondo i suoi collaboratori sarebbe stato il target di un’operazione dell’intelligence. I turchi, invece, hanno parlato di questioni personali mentre qualche oppositore ha espresso dubbi sulla sua posizione politica. Solo che qualche giorno dopo la polizia del Montenegro ha fermato due persone, iraniani residenti in Kuwait, sospettati di essere gli esecutori materiali dell’assassinio. Per la missione hanno usato documenti falsificati, godendo del supporto di un network che agisce all’estero.

Il mistero

Più misteriosi altri due casi, in apparenza collegati. Il primo risale al dicembre 2015, di nuovo di scena l’Olanda. Due giovani sui vent’anni pedinano e poi uccidono ad Almere, vicino ad Amsterdam, un iraniano identificato come Alì Motamed, 56 anni. Fuggono su un’auto. Gli agenti la troveranno carbonizzata. In apparenza non c’è un movente chiaro, si pensa a qualche faida. Dopo qualche settimana, però, circolano informazioni che aprono uno scenario diverso: Motamed usava un nome di copertura, si chiamava in realtà Reza Kolahi Samadi, esponente dei Mujaheddin Khalq, movimento avversario del khomeinismo. Secondo una versione viveva da tempo in Europa sotto copertura e sapeva di essere in una lista di morte. Le autorità di Teheran lo avevano accusato di aver partecipato ad un grave attentato nel 1981 costato la vita a molti dirigenti della nascente Repubblica Islamica. La storia, come in una spy story, ha riservato altre sorprese. Nell’estate del 2016 si sono perse le tracce a Berlino di Masoud Kashmiri, 66, altra figura dei Mujaheddin Khalq, ritenuto molto vicino a Motamed e coinvolto nell’esplosione del 28 giugno 1981 nella quale vennero dilaniati 72 funzionari, compreso il famoso ayatollah Behesti. Lui avrebbe portato l’ordigno celato in una valigetta. Durante la lotta armata Samadi e Motamed hanno agito insieme, poi – una volta rifugiatisi all’estero – hanno continuato a stare in contatto. Tanto è vero che un sito pro-regime li aveva localizzati, alla vigilia di Natale del 2013, in Germania. Un testimone anonimo sosteneva di averli visti cenare in un locale di Colonia, quindi ad Amburgo. Articolo apparso come un avvertimento ed una segnalazione. La scomparsa di Motamed è stata accompagnato da tesi cospirative. Che fine ha fatto Kashmiri? Lo hanno rapito? E’ vivo o morto? Motamed era davvero Samadi? Ad oggi non ci sono risposte nette, ma chi deve sapere sa.

Grande duello

La sintesi è semplice e complicata. In questa fase internazionale, con assetti non proprio stabili e sfide regionali profonde, può accadere di tutto. I sauditi sono pronti a giocare ogni carta per stoppare la crescente presenza dell’Iran. Teheran, a sua volta, può usare vecchi metodi per intimorire gli esuli o chiunque pensi di sfruttare il momento. Il Ministero dell’Intelligence ha una tradizione in questo campo e conta su agenti che hanno messo in piedi società per garantire la cortina fumogena necessaria a nascondere le sue iniziative. Alcuni osservatori hanno espresso dubbi, sostenendo che per gli iraniani sarebbe una mossa azzardata. Altri ribattono che la partita è troppo alta: gli apparati di sicurezza hanno deciso di muoversi in anticipo per schiacciare gli avversari. Ecco che allora c’è spazio per le interpretazioni, le supposizioni in un duello dove ognuno può vedere ciò che crede.

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