Milano, 11 ottobre 2017 - 22:23

Perché la Russia rende onore
a Mr Kalashnikov e alla spia Philby

A Mosca un monumento al creatore dell’omonimo fucile e una esposizione sulla «talpa» sovietica nelle file del MI5

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Quando Vladimir Putin incontrò Henry Kissinger a Pietroburgo nella prima metà degli anni Novanta, gli confessò di essere stato, in epoca sovietica, un agente segreto. Sembra che Kissinger, con un sorriso malizioso, abbia detto: «Tutte le persone per bene hanno cominciato nei servizi segreti. Anch’io». Ma il caso di Kim Philby, recentemente onorato a Mosca con una esposizione in cui appaiono parecchi documenti sottratti ai servizi britannici, è alquanto diverso.

Philby divenne comunista nel 1936, mentre studiava a Cambridge, e fu da allora, per quasi trent’anni, una «talpa» sovietica nelle file del MI5 (la quinta sezione dell’Intelligence militare britannico). Non fu il solo studente di Cambridge folgorato dal credo marxista. Apparteneva a un gruppo di 5 (gli altri erano MacLean, Burgess, Blunt e Cairncross) e fu quello che, tra l’altro, rivelò ai sovietici una operazione occidentale per la formazione in Grecia di militanti albanesi che avrebbero cercato di rovesciare il regime comunista. Quando attraversarono la frontiera, gli albanesi (circa 300) furono catturati e passati per le armi. Se questo massacro gli fosse stato rinfacciato, Philby avrebbe risposto che stava combattendo nel campo nemico per vincere la grande battaglia del comunismo contro il fascismo. Quando fu scoperto e riuscì a raggiungere Mosca nel 1963, fu trattato dapprima con una certa sospettosa diffidenza, ma divenne poi un «eroe della grande patria russa» e un «generoso combattente della Guerra fredda». Ha avuto, insieme ad altre decorazioni, l’ordine di Lenin, un solenne funerale, una targa nella Lubjanka (la sede moscovita dei servizi), il ritratto in una galleria d’arte statale e, oggi, una mostra in suo onore.

Grandi omaggi vengono tributati in questi giorni anche a un altro personaggio dell’epoca sovietica. È Michail Kalašnikov, creatore di un fucile che è rappresentato con il suo creatore in un monumento di sette metri e mezzo inaugurato a Mosca nello scorso settembre.

Se gli inventori venissero giudicati per l’uso che viene fatto delle loro invenzioni, qualcuno potrebbe ricordare al sindaco di Mosca che il «kalashnikov», negli ultimi decenni, è stato l’arma preferita di jihadisti e terroristi dei più vari colori. Per i russi, tuttavia, è il fucile che li aiutò a vincere le battaglie di Stalingrado e Kursk, rompere il fronte tedesco nella Prussia orientale e conquistare Berlino. Philby e Kalašnikov servono a uno stesso scopo: dimostrano che nel passato della Russia non vi sono soltanto la rivoluzione d’Ottobre (un evento per cui Putin non sembra provare alcuna simpatia), Stalin, la carestia ucraina, le grandi purghe, i trasferimenti forzati di intere popolazioni. Nel passato russo vi sono anche la lotta contro il fascismo e la grande guerra patriottica contro Hitler.

In tutto questo vi è naturalmente un po’ di retorica, ma nessuno Stato può sopravvivere senza trarre dal proprio passato qualche motivo di orgoglio.

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