Milano, 14 ottobre 2017 - 21:03

Austria al voto, l’enigma Kurz, il volto sexy della destra

Il leader dei popolari,31 anni, punta a diventare il più giovane capo di governo al mondo. Anche alleandosi con gli estremisti di Strache

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Sebastian Kurz ha fretta. L’ha sempre avuta. Sin da quando, matricola alla facoltà di legge, gli dissero che era troppo giovane per iscriversi alla Övp, il partito popolare austriaco, e lui imperterrito provò e riprovò fino a quando non trovò una sezione di Vienna disposta a tesserarlo.

Aveva fretta quando decise di interrompere gli studi per dedicarsi alla politica. E aveva fretta nel 2009, quando appena ventiduenne si candidò al consiglio comunale di Vienna e girava per la capitale su un Suv, distribuendo profilattici neri (il colore del partito) per offrire un aspetto «eccitante» della noiosa Övp. Il resto è già storia. Segretario di Stato all’Integrazione a 24 anni, deputato a 26, ministro degli Esteri un anno dopo nella Grosse Koalition, Kurz potrebbe diventare questa sera a 31 anni il prossimo cancelliere dell’Austria e il più giovane capo di governo del mondo. «Ora o mai più», dicono i manifesti color turchese, la nuova nota cromatica che lui ha imposto al partito popolare in luglio, quando ha messo da parte la vecchia leadership, assumendo pieni poteri. È stato l’incipit di una corsa travolgente, qualcosa di inaudito nella sonnolenta scena viennese. Una brillante operazione di marketing e ridefinizione dell’identità politica, che in tre mesi ha spinto l’Övp, o meglio la Lista Kurz come si chiama adesso, in testa a tutti i sondaggi, con il 33% delle intenzioni di voto. Un miracolo in nome del cambiamento, nonostante i popolari siano da decenni al governo.

Se le urne dovessero confermare queste previsioni, Kurz lavorerebbe probabilmente a un’alleanza con Heinz-Christian Strache, leader della Fpö, il partito di estrema destra al quale il candidato popolare ha letteralmente sottratto i temi vincenti della campagna, la paura dei migranti e la lotta all’Islam radicale, sposandone gran parte delle posizioni. La differenza è che, espresse con la voce impostata e i modi garbati del giovane ministro degli Esteri dal volto fanciullesco e i lunghi capelli tirati col gel indietro all’Umberta, suonano ragionevoli e sexy. Ma cosa vuole veramente Sebastian Kurz, oltre che diventare cancelliere? Ha un programma, a parte quello di voler «fermare l’immigrazione nel sistema sociale austriaco», dimezzare i contributi ai rifugiati e chiudere la rotta mediterranea (da dove in Austria non arriva nessuno) dopo aver sigillato quella balcanica? O ha un cuore di tenebra, come il suo cognome quasi conradiano potrebbe suggerire?

I paragoni con Emmanuel Macron si sono sprecati, in queste settimane. Anche se forse il primo Matteo Renzi sarebbe un riferimento più adatto, visto che Kurz si è impossessato di un partito tradizionale facendone lo strumento della sua ascesa, invece di creare ab ovo una «cosa» come ha fatto il leader francese. Nell’uno e nell’altro caso, ma potremmo aggiungere il Barack Obama del 2008, Kurz ripropone una studiata vaghezza delle posizioni, che consente a chiunque di specchiarsi e proiettare nella sua energia giovane e contagiosa qualsiasi desiderio o aspirazione politica. Il vero programma è lui. Un solo esempio, i tagli alle tasse di cui parla ammonterebbero a quasi 12 miliardi di euro, ma non dice mai come verrebbero finanziati.

«Forza, coraggio, determinazione: è la nostra offerta», ripete Kurz, che ama dire di non aver mai voluto diventare politico di professione, «è successo per caso». Non è così, ovviamente. Come ha rivelato il periodico viennese Falter, c’era un piano dettagliato per arrivare al potere, l’Operation Ballhaus, messo a punto da Kurz e dai suoi strateghi (Ballhaus è l’indirizzo della cancelleria) dov’era tutto nero su bianco: slogan, interviste, metamorfosi del partito, donatori, fra i quali il posto d’onore spetta a Niki Lauda, icona austriaca. È stata una delle poche volte in cui il ministro ha perso il suo diplomatico aplomb, attaccando con parole forti la testata, nonostante avesse riprodotto i documenti originali. Ora siamo all’epilogo. Sapremo questa sera se Der Zocker, il giocatore d’azzardo come lo ha definito Der Spiegel, incasserà l’intera posta. O si troverà all’opposizione. Che non sarebbe ruolo per lui. Kurz ha fretta: ora o mai più.

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