Milano, 22 ottobre 2017 - 13:37

Shinzo Abe vince ancora in Giappone spinto dalle paure per i missili di Kim

Il premier liberaldemocratico e nazionalista voleva un mandato per cambiare la costituzione pacifista e poter rispondere alla minaccia della Nord Corea. La sua coalizione conquista la maggioranza

Shinzo Abe durante un comizio in campagna elettorale (Ap) Shinzo Abe durante un comizio in campagna elettorale (Ap)
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La scommessa di Shinzo Abe ha pagato: il primo ministro del Giappone ha vinto le elezioni anticipate e può diventare il capo di governo di più lunga durata nella storia giapponese del dopoguerra. E anche lo statista che legherà il suo nome alla fine della Costituzione pacifista scritta nel 1947 sotto dettatura americana, sull’onda della disastrosa disfatta del Sol Levante imperialista. Lo spoglio è stato ritardato da un tifone che sta spazzando l’arcipelago. Ma secondo le proiezioni il Partito liberaldemocratico di Abe avrà almeno 283 seggi sul totale di 465 della Camera bassa della Dieta. Agli alleati di governo del Komeito sono attribuiti 29 deputati. Insieme la coalizione raggiunge quota 312. Il resto all’opposizione: una cinquantina a testa al Partito democratico costituzionale (centro-sinistra) di Yukio Edano e al Partito della Speranza (centro-destra) della signora Yuriko Koike.

La super maggioranza

I numeri e le alleanze sono importanti: Abe, 63 anni, conservatore e nazionalista, ha in programma una riforma della Costituzione pacifista e per farla passare in Parlamento serve una super-maggioranza dei due terzi, 310 seggi. Dopo, potrà convocare un referendum popolare e cancellare l’Articolo 9 della Costituzione scritta nel 1947 sotto dettatura americana, sull’onda della disastrosa disfatta del Sol Levante nella Seconda guerra mondiale. L’Articolo 9 consacra la rinuncia giapponese alla guerra, in qualsiasi circostanza.

I missili nordcoreani

Ma con la vicinissima Nord Corea che si arma di missili a testata nucleare ha senso proclamarsi pacifisti in qualsiasi circostanza? Si può rinunciare a un esercito armato e addestrato per fare una guerra? Lo spettro di Kim Jong-un ha avvolto la campagna elettorale. A fine estate due missili lanciati per ordine del Maresciallo di Pyongyang hanno sorvolato l’isola di Hokkaido, poi Kim ha minacciato di «affondare» il Giappone intero. Secondo Abe il Giappone ha il diritto ad essere un Paese normale con una Costituzione e un esercito adeguati ai tempi pericolosi. Deve poter combattere, se fosse attaccato. E ha anche il dovere di sostenere militarmente gli alleati americani in caso di conflitto. Mostrarsi pronto a tutto di fronte all’incubo di Kim ha aiutato il premier a recuperare popolarità dopo una serie di scandali che lo avevano indebolito. Ha concluso la campagna elettorale proclamando: «Al Giappone serve una diplomazia forte, non si può esitare davanti alla Nord Corea che ci minaccia».

La speranza di Koike

Abe ha chiamato il voto anticipato (la scadenza naturale era prevista a dicembre del 2018) compiendo un azzardo, perché più del 60% dei giapponesi non vedeva il bisogno di tornare alle urne così presto. Il premier ha scommesso sulla debolezza e sulle divisioni dell’opposizione. Si è trovato di fronte la signora Yuriko Koike, 65 anni, ex giornalista tv, dal 2016 governatrice di Tokyo. Koike ha formato improvvisamente il Partito della Speranza (Kibo no To) e all’inizio della campagna elettorale lampo era sembrato che potesse insidiare i liberaldemocratici del premier, già umiliati nella corsa per il governatorato della capitale. La bolla della Speranza però si è rapidamente sgonfiata quando Koike non si è saputa distinguere dal governo per programma economico e politico. Ha cominciato a perdersi dietro la definizione del suo piano: «Yurinomics» o «Koikenomics»? Ha scelto il primo nome, ma non è servito. Il Giappone continuerà ad avere la Abenomics per altri quattro anni.

Missione-fuga a Parigi

La signora Koike non ha neanche avuto il coraggio di candidarsi direttamente alle elezioni, preferendo la sicurezza della poltrona di governatrice della capitale. Oggi non era in patria, aveva in programma una riunione di sindaci a Parigi, un altro segno chiaro dell’ineluttabilità della vittoria di Abe.

Voti pesanti

La corsa di Koike però non finisce oggi. Siccome il Komeito, di ispirazione buddhista, non è convinto che cambiare la costituzione pacifista sia necessario, per far passare la riforma in Parlamento i voti della pattuglia della Speranza potrebbero contare parecchio. Koike, che in passato era stata ministra della Difesa con Abe, si è detta disposta ad appoggiare la revisione. 

Ancora Abenomics

Sul fronte economico, nei quasi cinque anni di governo, Shinzo Abe varato un pacchetto di stimolo basato anzitutto sulla leva finanziaria (il «quantitative easing» utilizzato anche da Usa ed Europa) che ha garantito sei trimestri di crescita consecutiva, dopo vent’anni di recessione e stagnazione. La crescita annuale ora è intorno al 2,5%, la Borsa è al massimo dal 1996. Il tasso di disoccupazione è al 3%, quota fisiologica secondo gli economisti. L’opinione pubblica non sembra convinta dagli indicatori economici e gli ultimi sondaggi della Nikkei hanno rilevato che solo il 37% dei giapponesi approva l’operato del governo e il 48% lo boccia. Anche il gradimento personale del premier non supera il 51%, ma era intorno al 38% a inizio estate ed è risalito grazie al suo atteggiamento duro nei confronti di Kim Jong-un: «Tutte le opzioni sono sul tavolo» ha detto, ripetendo lo slogan di Donald Trump con il quale è riuscito a stringere un rapporto che sembra solido. Abe è stato il primo capo di governo straniero a correre a New York per incontrare Trump appena eletto, disinnescando i propositi punitivi dell’America First nei confronti del Giappone. E il 5 novembre il presidente americano sarà a Tokyo.

Il tifone

Nel giorno del voto il Giappone è stato spazzato dal Tifone Lan, categoria 4 sulla scala meteo. Venti fino a 250 chilometri orari e 80 millimetri di pioggia concentrati in un’ora hanno imposto l’ordine di evacuazione per decine di migliaia di persone. In un Paese dove la percentuale di astensionismo è già storicamente elevata (48% nel 2014) il tifone non ha certo aiutato. Anche se questa volta, su un totale di circa 100 milioni di elettori, oltre 15 milioni avevano già spedito le loro schede in anticipo, grazie alla legge che permette di votare nella settimana precedente l’apertura delle urne. Resta il dato politico che Abe stravince con solo il 25% dei voti esprimibili. Possono bastargli per restare primo ministro fino al 2021, se il partito liberaldemocratico lo rieleggerà alla sua guida nel congresso di settembre. È in carica dal dicembre 2012: nove anni a capo del governo sarebbero il record per il Giappone.

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