«Destituiamo i vertici della Generalitat, ho sciolto il Parlamento catalano, il prossimo 21 dicembre si celebreranno le elezioni »: così il premier spagnolo Mariano Rajoy annuncia, subito dopo il consiglio dei ministri, le decisioni prese da Madrid sulla scelta indipendentista della Catalogna. Mentre nel Parlamento catalano si canta l’inno Els Segadors, la bandiera coronata scompare, in piazza Sant Juame 17 mila persone festeggiano, Rajoy annuncia nuove elezioni e sottolinea: «Viviamo una giornata triste, sono stati calpestati i diritti della maggioranza. L’indipendenza ci porta ad avere paure. I catalani non sono indipendentisti». Le decisioni prese da Madrid «non sospendono l’autonomia in Catalogna» ma servono per «tornare alla legalità», ha concluso il premier spagnolo assicurando: «Lo Stato ha misure sufficienti per recuperare in modo pacifico la normalità» in Catalogna. Secondo Rajoy, «molti indipendentisti democratici non possono condividere questa decisione straziante. Ora si tratta di arginare i danni».
Soppressi ministeri e uffici
Parlando in diretta tv dopo il Consiglio dei ministri, Rajoy ha spiegato che i ministeri equivalenti spagnoli prenderanno il posto di quelli regionali. Verranno soppressi gli uffici del presidente e del vicepresidente catalano, come anche verranno sospesi i responsabili delle «ambasciate» catalane all’estero, ad eccezione di quella all’Ue, oltre al direttore generale dei Mossos d’Esquadra, la polizia autonoma catalana, Pere Soler. Inoltre, viene chiuso Diplocat, entità pubblica-privata al servizio del Govern per promuovere l’immagine internazionale della Catalogna. Rimosso il direttore della delegazione a Bruxelles, Amadeu Altafaj, così come quello a Madrid, Ferran Mascarell. Dopo giorni di tensione, di accelerazioni improvvise e frenate inaspettate, venerdì sera si consuma dunque, definitivo, lo strappo tra Barcellona e Madrid. Mentre le bandiere spagnole sono state ammainate su edifici pubblici in diverse città, il re di Spagna, Felipe VI, ha annullato ogni impegno pubblico per la prossima settimana. E il presidente catalano Carles Puigdemont ha convocato a Palazzo della Generalità la prima riunione del Govern dopo la proclamazione della «Repubblica» per esaminare le prossime mosse in previsione delle misure che prenderà a Madrid il consiglio dei ministri spagnolo.
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La posizione della Ue sul voto
Nessuno nell’Unione europea riconoscerà la dichiarazione di indipendenza della Catalogna. Lo ha dichiarato senza mezzi termini il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «La dichiarazione votata oggi dal Parlamento catalano è una violazione dello Stato di diritto, della Costituzione spagnola e dello Statuto dell’Autonomia Catalana, che sono parte del quadro normativo dell’Unione europea», sottolinea Tajani. «Nessuno nell’Unione europea riconoscerà questa dichiarazione. Ora più che mai, è necessario ristabilire la legalità come base per il dialogo e garanzia della libertà e dei diritti di tutti i cittadini catalani». «L’Ue non ha bisogno di altre crepe», ha commentato il presidente della commissione europea Juncker dalla Guyana francese. La Spagna «resta l’unico interlocutore» dell’Unione europea, ribadisce, con un messaggio sul suo profilo Twitter, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. «Una crisi politica può essere risolta solo attraverso il dialogo. Chiediamo una soluzione pacifica che rispetti l’ordine nazionale e internazionale», aggiunge su Twitter il premier belga Charles Michel in merito alla situazione in Catalogna. Il governo tedesco «assiste con inquietudine all’aggravarsi della situazione in Catalogna e non riconosce la dichiarazione di indipendenza», scrive su Twitter il portavoce della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert. E anche il nostro ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha ribadito: «L’Italia non riconosce e non riconoscerà la dichiarazione unilaterale di indipendenza proclamata oggi dal Parlamento regionale della Catalogna. Si tratta, infatti, di un gesto gravissimo e fuori dalla cornice della legge». Il Regno Unito «non riconosce e non riconoscerà» la dichiarazione unilaterale d’indipendenza approvata dal Parlamento della Catalogna, dichiara anche un portavoce della premier britannica, Theresa May, aggiungendo che la dichiarazione catalana è «basata su un voto che è stato dichiarato illegale dai tribunali spagnoli».
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Le accuse giudiziarie
La procura generale dello stato spagnolo invece è pronta a chiedere l’incriminazione per «ribellione» del presidente catalano Carles Puigdemont. La incriminazione per «ribellione» - che comporta pene fino a 30 anni - preparata negli ultimi giorni in un vertice della procura potrebbe essere estesa al vicepresidente Oriol Junqueras. In particolare, la Procura generale spagnola ha già deciso che procederà penalmente contro il presidente catalano, Carles Puigdemont, i consiglieri della Generalitat di Catalogna e i capigruppo del Parlament catalano. E la Corte costituzionale spagnola ha annunciato che inizierà la revisione del voto con cui il parlamento catalano ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna. I giudici e altre parti hanno tre giorni per presentare le accuse, ha detto la corte.
Gli Usa contro le autonomie
Anche per gli Stati Uniti «la Catalogna è parte integrante della Spagna» e il governo sostiene «le misure costituzionali del governo spagnolo per mantenere la Spagna forte e unita». Lo ha detto il dipartimento di Stato americano commentando l’annuncio da parte della regione autonoma dell’indipendenza dalla Spagna. «Gli Stati Uniti apprezzano una grande amicizia e una collaborazione con la Spagna, alleato della Nato», continua il comunicato diffuso dal dipartimento di Stato.
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